
La beatificazione di Carlo Acutis.
Basilica di San Francesco.
La messa presieduta dal Cardinal Agostino Vallini.
di Annalisa Atzei
Internet e la Chiesa: due mondi apparentemente distanti tra loro, eppure così vicini. Se è vero, infatti, che il web mette in contatto persone tra loro divise anche da migliaia di chilometri, è altrettanto vero che la Chiesa con grande interesse si è avvicinata al mondo del digitale, sperimentando e accogliendo quelli che sono divenuti i nuovi strumenti della comunicazione. Una significativa rivoluzione mediatica che ha iniziato a prendere forma otto anni fa con il primo messaggio di papa Benedetto XVI su Twitter e che oggi coinvolge in maniera più ampia tutta la Chiesa. Un’attenzione che non riguarda solo le opportunità che la tecnologia offre, di cui è bene essere sempre informati, quanto piuttosto un desiderio di comunicare il Vangelo adottando un linguaggio che sia al passo coi tempi. Oggi tutti hanno almeno un cellulare e navigano in rete, quasi tutti possiedono un account sui social, dunque questa è la vera opportunità: utilizzare gli strumenti della comunicazione sociale per essere evangelizzatori nel web. Un’opportunità travestita da scommessa, se, anche in questo caso, non fosse intervenuta ad accelerare i tempi la pandemia, che con le stringenti misure anti-covid ha convinto molti parroci a convertire le proprie celebrazioni in dirette Facebook o su Youtube, introducendoli alle scoperte del mondo digitale. L’ingresso nei social è stata una scommessa vinta, come testimoniano i numeri e insieme ad essi tanti racconti di laici e sacerdoti che grazie agli strumenti social hanno raggiunto e intercettato fedeli, giovani e meno giovani, che probabilmente non sarebbero riusciti ad avvicinare in altro modo. Un esempio su tutti di “creatività digitale” è la storia di don Alberto Ravagnani, giovanissimo prete della diocesi di Milano, impegnato col suo servizio pastorale nell’oratorio San Michele Arcangelo di Busto Arsizio. Don Alberto, come tanti altri preti, nel mese di marzo, quando tutte le attività sono state sospese per il lockdown, ha pensato che la rete potesse essere il modo per restare vicino ai ragazzi del suo oratorio. Così ha aperto un canale su Youtube e, da autodidatta, ha iniziato a montare e caricare i suoi video, non per parlare di sé, ma per continuare a fare quello che avrebbe fatto con i giovani della parrocchia: raccontare il Vangelo, rispondere ai dubbi della fede e testimoniare la sua esperienza di vita cristiana. Un esperimento che in pochissimo tempo ha reso don Alberto “virale” e che ancora continua con successo: oggi i suoi video raggiungono in media 60 mila visualizzazioni e rimbalzano di bacheca in bacheca, incuriosendo anche chi si professa ateo o non avrebbe mai ascoltato le parole di un sacerdote. Don Alberto è l’esempio di come “abitare l’ambiente digitale” e usare in maniera etica la rete sia non solo possibile, ma anche determinante per costruire relazioni sane e insieme contribuire al bene comune. La stessa esperienza profonda vissuta da Carlo Acutis, giovanissimo primo millennial a essere stato proclamato beato: la sua passione per l’informatica non l’ha allontanato dalla Chiesa, ma al contrario gli ha permesso di vivere la sua fede con più consapevolezza, portandolo a impiegare il suo talento nella costruzione di nuovi programmi con cui trasmettere il Vangelo e aprire spazi di dialogo e condivisione. Una fede che lui non ha tradito neanche nel momento della sofferenza e che lo ha portato ad essere un modello per tutti i giovani del nostro tempo.