L’emergenza legata alla guerra in Ucraina mette a rischio la transizione energetica in un mondo che spreca ancora troppe risorse
di Annalisa Atzei

Mentre il 2030 si avvicina, e con esso il momento in cui si farà un bilancio degli obiettivi effettivamente raggiunti dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, si moltiplicano in tutto il mondo le occasioni e le iniziative a favore della lotta al cambiamento climatico. Un macro-obiettivo che mai come adesso non può essere perso di vista, ora che tutto sembra inevitabilmente complicarsi a causa del conflitto in Ucraina e dei rapporti internazionali compromessi con la Russia. Il rischio di non poter più ricevere gli approvvigionamenti energetici necessari a soddisfare il proprio fabbisogno insieme alla produzione locale costringe l’Europa, e non solo, a rivalutare complessivamente l’efficacia delle azioni messe in campo per centrare gli obiettivi sostenibili dell’Agenda 2030. La situazione politica attuale ha contribuito a far emergere un problema ovviamente già parecchio evidente: la dipendenza dai combustibili fossili e conseguentemente dalle forniture energetiche provenienti dall’estero. La domanda che dunque sorge spontanea è quanto il conflitto tra Russia e Ucraina potrà ora incidere sulle azioni a favore dell’espansione dell’impiego di fonti rinnovabili: secondo i dati Eurostat, circa il 26% del petrolio importato dall’Unione Europea arriva dalla Russia, seguita a distanza da Iraq (9%), Nigeria (8%) e Arabia Saudita (quasi 8%). Per quanto riguarda l’Italia, i dati disponibili più recenti fanno riferimento alla domanda di energia all’indomani della pandemia, con una contrazione generale del 9,2% nel 2020, soddisfatta per il 73,4% solo grazie alle importazioni. Se rispetto al 2019 si è avuto un incremento del ricorso alle energie rinnovabili e al gas naturale, con conseguente riduzione dell’utilizzo del petrolio, è anche vero che complessivamente, per soddisfare la domanda del Paese pari a 143,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, si è fatto ricorso per il 40% al gas naturale, per il 33% al petrolio e solo per il 20% alle fonti energetiche rinnovabili.
È fondamentale preservare i progressi già ottenuti con la transizione energetica in atto e fare in modo che non si arrestino i processi avviati con essa. Affinché ciascuno possa fare la propria parte, contribuendo al rinnovo energetico e in generale al pieno raggiungimento della sostenibilità ambientale, le varie organizzazioni continuano a promuovere momenti di sensibilizzazione collettiva, proprio perché tutti siamo chiamati a essere protagonisti della salvaguardia del pianeta. A proposito di fonti naturali, infatti, è difficile pensare di poter produrre energia rinnovabile senza la consapevolezza che l’ambiente ha bisogno di cure e attenzioni costanti, riducendo gli sprechi e mettendo in pratica stili di vita sostenibili.
Un terzo dell’acqua viene sprecato. Proprio nel mese di marzo, a questo proposito, si sono tenute due importanti giornate per richiamare l’attenzione sul problema ambientale: il 22 marzo si è celebrata la Giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992, mentre il 26 marzo si è tenuta la 14esima edizione dell’Ora della Terra, in coincidenza con la campagna “M’illumino di meno”, quest’anno dedicata alla piantumazione di nuovi alberi e all’utilizzo della bicicletta per gli spostamenti. Per la Giornata mondiale dell’acqua, l’Istat ha pubblicato i dati sul consumo e lo spreco di acqua nel nostro Paese dal 2019 al 2021. “L’acqua e l’insieme dei servizi a essa correlati sono elementi imprescindibili per la sostenibilità ambientale, il benessere dei cittadini e la crescita economica”, si legge nel report, oltre essere uno dei temi a cui sono dedicati alcuni dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. La salvaguardia delle risorse idriche e la gestione efficiente e sostenibile dei servizi idrici rientra inoltre tra gli obiettivi del PNRR. Le statistiche sull’acqua hanno rivelato che ogni anno più di un terzo dell’acqua immessa nella rete di distribuzione va perduto: nel 2020 sono andati persi 41 metri cubi al giorno per km di rete nei capoluoghi di provincia e città metropolitana, il 36,2% dell’acqua immessa in rete (37,3% nel 2018).
“Luci spente per la pace e il pianeta”. “Earth Hour”, l’Ora della Terra, è invece un evento a cui aderiscono milioni di persone da tutto il mondo per chiedere un futuro più giusto e sostenibile per tutti. La manifestazione consiste nello spegnere per un’ora le luci di edifici, strade, palazzi e monumenti. In Italia quella di quest’anno, in segno di rispetto e solidarietà per le persone che soffrono a causa del conflitto in Ucraina, è stata un’edizione particolarmente sobria, ma da nord a sud della penisola, l’Ora della Terra ha rappresentato un forte momento di raccoglimento globale per la pace, per la protezione del clima e per il nostro pianeta: alle 20.30 del 26 marzo si sono spente le luci di centinaia di monumenti, palazzi, piazze, strade e altri luoghi simbolo, per esempio a Roma sono rimasti al buio Castel Sant’Angelo, il Colosseo e la Basilica di San Pietro. Nonostante l’iniziativa sia stata bersaglio di alcune critiche sui social, si tratta di un’iniziativa dal forte valore simbolico che punta i riflettori su un tema di grandissima attualità invitando ciascuno a fare la propria parte per il bene di tutti. In Sardegna hanno aderito solo tre comuni, Cagliari con il palazzo municipale in via Roma, Oristano con il monumento dedicato a Eleonora D’Arborea e Castelsardo in Piazza Nuova, oltre la riserva di Monte Arcosu, oasi del WWF, in cui per la serata del 26 marzo è stata organizzata una escursione con la proiezione di alcuni filmati, al termine del quale i partecipanti hanno cenato a lume di candela e fatto rientro alle proprie macchine in una piacevole passeggiata sotto le stelle.
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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 12 del 3 aprile 2022