Una proposta concreta: aprire nella comunità cristiana della nostra diocesi una seria riflessione sul tema fondamentale delle ragioni della pace
di Roberto Sciolla

Da circa due mesi, da quando è iniziata l’invasione e la conseguente guerra in Ucraina, siamo quotidianamente alle prese con immagini e notizie su questo terribile avvenimento che mai avremmo voluto conoscere, per giunta così vicino a noi.
Notizie, commenti e dichiarazioni si susseguono ininterrottamente, tanto da far dire a più di un commentatore che siamo seriamente esposti alla assuefazione e, peggio ancora, alla saturazione.
Gli effetti di tale evento e la sovraesposizione mediatica non possono non raggiungere ciascuno di noi e le nostre comunità. Quanto alle comunità ecclesiali, quali echi suscita?
Non credo ci sia alcuna parrocchia o comunità cristiana che non abbia espresso nella preghiera comune qualche invocazione per la cessazione della guerra. Così come credo che sia stata generosa la risposta di aiuti nella raccolta per il sostegno economico delle vittime delle loro famiglie, dei milioni – milioni sono, infatti! – di profughi, persone costrette a fuggire per aver salva la vita, nella speranza di un futuro vivibile.
La preghiera e l’aiuto sono, per così dire, connaturalmente doverose per i cristiani. E tuttavia, da sole non bastano. Forse, o meglio senza forse, c’è bisogno di qualcosa di più. In particolare, c’è bisogno di maggiore conoscenza, di maggiore consapevolezza, di maggiore comprensione delle ragioni che portano noi credenti in Cristo a dire no alla guerra, di dire sì alla pace.
Tutti, penso siamo pronti a dire no alla guerra. Non tutti, forse, andiamo molto più in là di una condanna generica quale quella espressa dal sentire comune sociale. E forse non tutti siamo sufficientemente avvertiti che pace e vangelo, pace e fede cristiana siano intrinsecamente legati in maniera inscindibile. Non c’è bisogno di grandi dimostrazioni teologiche per dire che il vangelo inizia con l’annuncio abbinato del “gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama”, (Lc. 2,14) e che, ancora, il vangelo contiene le parole del risorto: “Pace a voi” (Lc. 24,36). Non c’è che dire, la parola pace è inclusiva dell’intero messaggio evangelico! La pace, la pace biblica, è onnicomprensiva di quello che racchiude le attese più profonde dell’uomo, ed è dono di Dio per eccellenza. Un abbinamento, dunque, quello del vangelo e della pace, che più stretto non potrebbe essere.
Ma sulle ragioni della pace, che tra l’altro è ben più della semplice assenza di guerra, quanto ci distinguiamo, come credenti, da coloro che non si rifanno alla fede cristiana? Non è che noi, come forse i più, siamo immediatamente pronti a schierarci con questa o quella parte, senza avere la capacità di andare a fondo sul legame stretto che c’è tra fede e pace, tra le ragioni che ci portano positivamente alla scelta “inesorabile” della pace?
Siamo cristiani e cristiani cattolici. Tra le ricchezze della nostra chiesa c’è proprio la cattolicità, l’apertura universale, che ha anche, nella persona del papa, la figura più rappresentativa di questo aspetto della nostra fede. Non c’è dubbio che la parola del papa è la più nitida insistente professione della scelta della pace per l’umanità. Posso dirlo? Fortuna che abbiamo il papa! Per un altro verso, quasi quasi (non vorrei essere frainteso), purtroppo abbiamo il papa. In che senso? Nel senso che troppo ci accontentiamo della sua parola! Talmente troppo dal sentirci quasi esentati dal dire anche noi convintamente parole sulla pace, sull’insensatezza delle armi. Sono queste, poi, paradossalmente, non a tenerci più lontani dalla guerra, ma sicuramente più vicini a generarle le guerre! Non è forse il verbo dominante, quello del “dobbiamo armare la resistenza”, che dobbiamo portare la nostra Italia, la quale – sia detto per inciso, “ripudia la guerra” (art. 11 della Costituzione) – al 2% del bilancio dello stato per le spese militari? È stato calcolato che una cifra del genere vorrebbe dire più di 100 milioni al giorno per la spesa militare! Quante case, ospedali, scuole, opere per un migliore stato sociale si potrebbero realizzare con cifre di tale entità sottratte alla spesa militare!
Venendo al concreto, così, da semplice sacerdote della comunità diocesana (ma ho anche il conforto del placet del vescovo), penso sarebbe oltremodo opportuno che in diocesi giungessimo ad un serio approfondimento sulla pace, sulle motivazioni che ci portano ad esserne fautori e costruttori, sui legami inscindibili tra pace e fede cristiana.
Umilmente proporrei che in tutto il territorio diocesano, nelle nostre quattro zone pastorali, sacerdoti e laici, si facesse una seria riflessione su questo tema fondamentale. Allo scopo, le migliori energie della diocesi potrebbero costituire un valido gruppo di lavoro per predisporre del materiale utile per la conoscenza e il successivo confronto. Meglio, se lo si facesse prontamente. Per poi giungere a dei veri e propri momenti di incontro foraniali su questo tema e favorire una diversa e più convinta consapevolezza in seno alla nostra comunità ecclesiale.
È desiderabile che a questo auspicio seguano sollecite operative indicazioni pastorali.
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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 15 del 1 maggio 2022