Un documento ricco di spunti di riflessione dalla Settimana sociale per un nuovo stile di vita che sposa l’ecologia integrale
di Annalisa Atzei
Sulla scia di quanto condiviso e raccolto in occasione della 49ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, svoltasi nella città di Taranto lo scorso mese di ottobre, la Chiesa Italiana continua la sua azione di sensibilizzazione all’interno delle comunità diocesane sui temi legati alla transizione ecologica e all’ecologia integrale. Un processo di conversione che ufficialmente inizia nel 2015 con l’Enciclica Laudato Si’ di papa Francesco, e che negli anni ha via via coinvolto e animato in maniera sempre più appassionata non solo le comunità ecclesiali, ma anche tutte le realtà che hanno a cuore la salvaguardia dell’ambiente. Una difesa che ancora deve fare i conti con la prepotenza di alcuni interessi economici e politici, ma che allo stesso tempo trae grande forza dall’impegno e dall’efficienza dei progetti messi in atto da alcune comunità, ispirate dai principi del consumo e del risparmio responsabili, ma soprattutto allertate da una crisi ambientale che minaccia risvolti irreparabili per il benessere globale.

A dare concretezza e continuità ai lavori di Taranto è anche il Comitato Scientifico e Organizzatore della 49ª Settimana Sociale, il quale ha elaborato e pubblicato nei giorni scorsi un documento che offre spunti di riflessione e suggerimenti sul percorso per l’avvio delle “Comunità Energetiche”. Le comunità energetiche costituiscono, infatti, un esempio virtuoso di come le stesse comunità possano contribuire allo sviluppo di un modello energetico alternativo altamente efficiente basato sulla condivisione. Una comunità energetica è molto semplicemente un’associazione che può essere composta da enti pubblici locali, aziende, attività commerciali o anche cittadini privati, i quali scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’autoconsumo. In Italia attualmente le comunità energetiche sono dodici, concentrate in Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lombardia; tuttavia il nostro Paese conta più di 3.500 comuni che fanno solo uso di energia rinnovabile in cui quindi la produzione elettrica prodotta da fonti rinnovabili supera i fabbisogni delle famiglie residenti. Grazie all’autoproduzione e all’autoconsumo di energia i membri della comunità interessata o gli inquilini di un condominio che hanno costituito una comunità energetica possono godere di notevoli vantaggi in termini di abbattimento dei costi in bolletta, immagazzinando e vendendo a loro volta l’energia elettrica prodotta in eccesso.
Come si legge nel documento, “le Comunità Energetiche non si riducono a una scelta tecnica, ma sono il frutto di un cammino spirituale e antropologico fatto insieme in questi anni come Chiesa in ascolto del territorio”. Esse rappresentano “un modo concreto di riaffermare “l’ecologia integrale” proposta dalla Chiesa come nuovo modello di sviluppo umano e sostenibile che ha anticipato le agende dei Governi del mondo sull’urgenza di guarire il pianeta dalle minacce del riscaldamento globale, dall’inquinamento e delle tante dimensioni dell’insostenibilità ambientale”. La transizione ecologica rappresenta per tutti, Chiesa inclusa, una sfida e per questo l’invito è quello di intraprendere “lo stesso percorso già realizzato dalle comunità credenti che ci hanno preceduto nei confronti delle sfide dei loro tempi”. Il collegamento con le comunità parrocchiali è immediato. Spiega il Comitato Scientifico che “è così che per vincere le sfide delle nuove povertà ed emarginazioni ai tempi della nascita della rivoluzione industriale sono nate, spesso nelle sacrestie delle parrocchie, le casse rurali, le banche di credito cooperativo, le cooperative di consumo e produzione che hanno dato allo sviluppo economico nel nostro Paese – grazie allo sforzo di credenti e non credenti di buona volontà – un volto umano, solidale e sostenibile. Da quell’operosità e da quelle reti e istituzioni civili è nata un’economia dal volto umano che ha diffuso i benefici dello sviluppo economico ed evitato disgregazioni e conflitti devastanti sviluppatisi purtroppo in molti altri paesi dove la stessa opera di mediazione non è stata sviluppata”. Oggi, “nel solco della stessa fonte di ispirazione e degli stessi princìpi”, è necessario dunque proporre “la nascita di un rinnovato percorso di partecipazione e di cittadinanza attiva che si sviluppa, oltre ai temi del consumo e del risparmio responsabili, attraverso la nascita delle comunità energetiche”.
Nella sfida della transizione ecologica sono tre i problemi collegati tra di loro a cui il documento fa riferimento e su cui bisogna concentrarsi nell’immediato: il primo è quello dell’aumento dei prezzi, trainato dal prezzo del gas, fortemente aumentato a causa di eventi congiunturali; il secondo, conseguenza dell’aumento del prezzo dell’energia, è l’impatto che questo ha sulla povertà energetica (le famiglie che hanno problemi nel pagare la bolletta) e sui costi delle imprese; il terzo, infine, è l’emergenza climatica che ci impone di ridurre le emissioni fino ad azzerare quelle nette entro il 2050 per evitare conseguenze irreparabili derivanti dal riscaldamento globale. “Una risposta importante ed efficace su tutti e tre i fronti” – si legge ancora – “è quella che può derivare dalla nascita delle “Comunità energetiche”, incentivata nel PNRR da un fondo di 2,2 miliardi che ha l’obiettivo di contribuire ad abbattere la spesa da interessi nell’investimento”. Un esercizio di partecipazione attiva che trasforma gruppi di cittadini e d’imprese da semplici consumatori a produttori di energia, capaci di sviluppare un vero strumento di ecologia integrale che tenga conto “del fatto che “tutto è connesso” ed è capace di agire su tutti e tre i principali problemi contemporaneamente”.
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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 18 del 22 maggio 2022