
Società, emergono dati allarmanti: il 30° rapporto CRENOS sull’Economia della Sardegna descrive il disagio di una realtà con molte ombre
di Annalisa Atzei
La Sardegna come un bicchiere ormai quasi vuoto. Non lascia spazio a false speranze il Rapporto del CRENOS sull’Economia della Sardegna, giunto quest’anno alla sua trentesima edizione. Seguendo la consueta organizzazione delle cinque sezioni che analizzano il sistema economico, il mercato del lavoro, i servizi pubblici, il turismo, e i fattori di crescita dell’economia in Sardegna, il 30° Rapporto restituisce una fotografia assai preoccupante del quadro socio economico sardo. Una presentazione reale del sistema sociale ed economico regionale che deve mettere in allarme non solo le istituzioni ma anche, come ricordato durante la presentazione, ogni singolo cittadino sardo.
Il Rapporto si apre con l’analisi del sistema economico sardo nel suo complesso. Nel 2021, ultimo anno disponibile a livello regionale, la Sardegna mostra un PIL per abitante pari al 70% della media europea, appena il 2% di quello nazionale, classificandosi 177ma su 242 regioni, in continua decrescita, in linea con l’andamento nazionale, a cui la Sardegna è legata a doppio filo. In ripresa, dopo la crisi pandemica, i consumi delle famiglie, mentre gli investimenti continuano a diminuire e sono sempre più dipendenti dalla componente pubblica. La struttura produttiva è debole, con una forte incidenza di microimprese e una suddivisione che vede la prevalenza di imprese nei settori caratterizzati da una più bassa produttività e da una ridotta capacità di esportazione, fatta salva l’eccezione per il settore dei prodotti petroliferi e della chimica. Ma il dato più drammatico che emerge dall’analisi ancora una volta è quello relativo alla situazione demografica ed alle sue conseguenze: il numero di residenti in Sardegna, infatti, da un decennio continua a ridursi, conseguenza dell’effetto negativo del saldo naturale e del saldo migratorio; inoltre il tasso di natalità nell’Isola è il più basso tra le regioni d’Italia che, a sua volta, è il Paese con la natalità più bassa in Europa. La riduzione della popolazione investe tutta la Sardegna, ma diventa ancora più drammatica nelle zone rurali dell’interno, dove alle ridotte opportunità di lavoro si aggiunge spesso la mancanza di servizi essenziali. A questa dinamica negativa delle nascite, si aggiunge poi il forte aumento del tasso di mortalità, fenomeno che si spiega solo in parte con il COVID-19 e il progressivo invecchiamento della popolazione. Il peggioramento delle condizioni di sopravvivenza va ricercato nella perdita di capacità di intervento del Servizio Sanitario Regionale, soprattutto per le patologie croniche e i servizi di emergenza: quasi due sardi su dieci nel 2021 hanno rinunciato ad una prestazione sanitaria, pur avendone bisogno, perché costava troppo e non potevano pagarla o perché la lista d’attesa era troppo lunga. In calo anche la popolazione attiva e il numero di disoccupati, dato quest’ultimo di per sé positivo, ma che in realtà deve essere interpretato come conseguenza della riduzione della popolazione in età lavorativa e dello “scoraggiamento” per cui molte persone non cercano più attivamente un posto di lavoro (e quindi non figurano tra i disoccupati) o emigrano.
“Quello che emerge dal rapporto è un quadro di allarme rosso – ha sottolineato al termine della presentazione del Rapporto il professor Raffaele Paci, referente scientifico della 30a edizione – Serve un’attenzione particolare nei confronti non solo del PIL come indicatore strettamente economico, ma verso l’intero sistema regionale: dalla demografia ai servizi pubblici, dal capitale umano all’occupazione. Il mercato del lavoro è molto debole, la dispersione scolastica ancora troppo elevata e il numero di laureati troppo basso: tutto questo deve suonare come un campanello d’allarme per la classe istituzionale, ma anche per tutti i cittadini. L’istruzione, l’innovazione tecnologica, l’ambiente e la stessa identità sarda inquadrati in un progetto di lungo periodo sono gli elementi essenziali da cui poter far nascere nuove potenzialità per il territorio”.

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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 23 del 25 giugno 2023