Verso la transizione, nel solco della Laudato sì

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Confronto serrato tra politica e parti sociali sul Just Transition Fund, una grande opportunità di sviluppo per il Sulcis Iglesiente

di Manolo Mureddu

Ancora prima dell’approvazione all’ONU da parte di 193 Stati dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, nello stesso anno – precisamente il 24 maggio 2015, Papa Francesco promulgava l’enciclica Laudato Si’. Ovvero anticipava quell’improcrastinabile esigenza dell’umanità, successivamente divenuta il tema centrale dell’agenda politico/sociale di ogni istituzione internazionale e in generale di ogni Paese civile del pianeta: dell’eco-sostenibilità e dell’impegno per la preservazione totale del creato tramite l’ideazione e promozione di nuovi modelli di sviluppo compatibili con l’ambiente e non più unicamente con la crescita economica fine a se stessa; a scapito dell’equità e del benessere delle persone.
Ed è stato proprio perseguendo gli obiettivi di “Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” che la Commissione europea e gli Stati membri hanno intensificato i propri sforzi per arrivare in tempi rapidi alla strutturazione di una visione condivisa sulla necessità di promuovere un nuovo modello di transizione energetica in grado di iniziare a porre le basi per l’abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra in atmosfera e contribuire così al mantenimento del surriscaldamento medio del pianeta non oltre la soglia di 1,5°C per la fine del secolo.
Concretizzando con provvedimenti mirati le premesse per avviare il processo di decarbonizzazione tramite l’ausilio del gas metano e in prospettiva grazie al progressivo switch off delle centrali alimentate a fonti fossili a favore di sistemi di produzione basati sulle energie rinnovabili. Obiettivo per il quale l’UE ha istituito specifici strumenti quali il “Just Transition Fund” meglio conosciuto in ambito continentale come il braccio finanziario del “Just Transition Mechanism”, ideato per sostenere economicamente quelle regioni e quei territori d’Europa ancora oggi dipendenti a livello produttivo-economico dalle fonti energetiche fossili.
Una linea di finanziamento e di interventi destinata anche all’Italia e specificatamente ai territori di Taranto e Portovesme per un totale di risorse che, complessivamente, potrebbero superare 1,2 miliardi di euro. Nel Sulcis per accompagnare la conversione della centrale a carbone verso una a ciclo combinato col gas metano, e contestualmente per riqualificare le maestranze che affronteranno la transizione nonché, nel contempo, per riprofessionalizzare ed eventualmente ricollocare nel mercato del lavoro quelle (si stima la gran parte purtroppo) che verranno espulse dai cicli produttivi.
In generale sarà uno strumento integrabile anche con i fondi FESR e FSE per promuovere la nascita di startup; per sviluppare settori economici eco-sostenibili; per promuovere modelli di sviluppo basati sull’economia circolare, la mobilità e l’efficientamento energetico.
A tal proposito lo scorso 30 marzo, dopo sollecitazioni giunte da più parti in ambito sindacale e politico, si è tenuto un primo incontro istituzionale in videoconferenza al quale hanno partecipato oltre i rappresentanti dell’Assessorato regionale all’Industria, anche le Segreterie Confederali di Cgil, Cisl e Uil, le associazioni datoriali di Confindustria e Confapi, i Sindaci di Iglesias Mauro Usai e di Giba (in qualità di Presidente dell’Unione dei Comuni) Andrea Pisanu, i Consiglieri regionali Fabio Usai e Michele Ennas, e alcuni tecnici della Pricewaterhouse-Coopers, ovvero la società di consulenza di “direzione e strategica” assoldata dall’Unione Europea per sovrintendere alle procedure di programmazione territoriale dei progetti da finanziare col “Just Transition Fund” in riferimento agli obiettivi fissati dalla Commissione europea.
Durante l’incontro sono state presentate e illustrate le slide descrittive del JTF e stabilito un modus operandi, fissando delle scadenze temporali entro le quali raccogliere le prime schede progettuali da parte delle amministrazioni pubbliche locali e degli altri soggetti interessati. Scelta che, a esser sinceri, ha lasciato perplessi alcuni dei partecipanti, quali Confindustria e le sigle sindacali, più che altro per la ristrettezza delle tempistiche, evidentemente incompatibili con l’esigenza di coinvolgere il maggior numero possibile di soggetti per la contribuzione fattiva sulle proposte progettuali. Perplessità che si sono aggiunte a quelle di chi in tale sede ha manifestato l’esigenza di raggiungere un maggior coinvolgimento del territorio nel processo, soprattutto per quanto riguarda la scelta delle direttrici da inserire nella pianificazione territoriale degli strumenti e delle risorse da impegnare.
Nondimeno, ancora oggi, non si è sopito definitivamente il conflitto tra diversi assessorati su chi dovrebbe gestire i processi del “Just Transition Fund”: con l’Assessorato alla Programmazione (e per sua estensione il CPR) che naturalmente rivendica la sua gestione, e l’Assessorato all’Industria che chiede di gestirne quantomeno una parte.
In attesa di capire come si svilupperanno questi aspetti burocratici, su una cosa tutti concordano: il JTF è da molti anni a questa parte, dopo il “Piano Sulcis”, la più grande opportunità di sviluppo per il Sulcis Iglesiente. Un’opportunità da non perdere per promuovere finalmente quella riconversione economico-produttiva fondamentale per allineare il territorio al progresso tecnologico e alle rinnovate sensibilità nazionali ed europee in tema ambientale. Ma soprattutto per creare nuovi posti di lavoro e valorizzare i percorsi formativi di tanti giovani che ogni anno, completato il proprio ciclo di studi, quasi automaticamente, sono obbligati ad emigrare altrove per potersi realizzare professionalmente.
Per fare ciò che questo accada, è fondamentale che le forze sociali e politico-istituzionali locali si uniscano e con voce univoca partecipino alla pianificazione di questo strumento e, contestualmente, accompagnino con una stimolazione continua i processi di spendita delle risorse. Onde evitare che si verifichi nuovamente ciò che è già accaduto con il “Piano Sulcis”, ovvero la creazione di uno strumento con una dote finanziaria fenomenale sulla carta, ma che nella pratica, a causa anche delle infinite lungaggini burocratiche, si è rivelato inefficace perché troppo farraginoso e diluito nel tempo.
Obiettivi di ricerca dell’unità e di sensibilizzazione costante ai soggetti preposti a gestire i sopracitati processi, in generale sull’importanza di sfruttare l’importante opportunità per perseguire realmente il bene comune, su cui anche la Chiesa, intesa nel senso di comunità cristiana, dovrà giocare un ruolo fondamentale. In vista anche della 49° Settimana Sociale dei Cattolici italiani, che si terrà dal 21 al 24 ottobre prossimi, con le parole chiave della sostenibilità integrale, proprio nella città di Taranto, ovvero nell’altro territorio d’Italia destinatario del “Just Transition Fund” e, al pari di Portovesme, di una non più improcrastinabile riconversione ecologica.

 

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