Cassa integrazione e 800 euro, troppi ritardi

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Economia. La burocrazia eccessiva e le incomprensioni rallentano l’erogazione dei contributi alle famiglie sarde colpite dalla crisi per il Covid-19

Ufficio diocesano problemi sociali e lavoro
A cura di Manolo Mureddu

Contestualmente ai barlumi di speranza rafforzati dall’avvio della cosiddetta “fase due” nell’isola, con la anticipata riapertura di svariate tipologie di attività commerciali e professionali, cresce l’esasperazione e la preoccupazione di migliaia di cittadini sardi che ancora, loro malgrado, non sono riusciti a ottenere l’agognato sostegno al reddito rappresentato dalla cassa integrazione o dai contributi previsti dai provvedimenti regionale e nazionale per sostenere le partite iva obbligate alla chiusura e i disoccupati e inoccupati privi di alcuna forma reddituale da lavoro. In particolare sulla “cassa integrazione in deroga”, finanziata e rimodulata su ampia scala dal governo nazionale con il decreto “cura Italia” il 27 marzo scorso, sono roventi le polemiche fra la Sottosegretaria allo Sviluppo Economico Alessandra Todde e l’Assessora Regionale al Lavoro Alessandra Zedda; quest’ultima accusata dalla prima di essere di fatto la responsabile dei ritardi che si sarebbero accavallati nell’isola nella presentazione delle domande e di conseguenza nella loro decretazione e relativo pagamento ai beneficiari.
Effettivamente, analizzando gli ultimi dati disponibili presenti (nel momento in cui va in stampa questo articolo) nel sito dell’Istituto di Previdenza Nazionale, in comparazione con le altre regioni, si denota come al 7 maggio scorso la Regione Sardegna aveva presentato all’INPS 3.653 domande. Delle quali, sempre a tale data, ne erano state decretate 2.757 e almeno 759 già pagate ai diretti beneficiari. Un numero sicuramente ancora basso rispetto ai numerosi aspiranti percettori dello strumento di sostegno al reddito nell’isola, stimati in poco meno di 29.000. Soprattutto se comparato ai dati di altre regioni dove l’inoltramento delle domande risulterebbe più avanzato. Non in tutte a dire il vero, perché in Basilicata, così come nel Molise e in Val D’Aosta, i numeri sono evidentemente inferiori rispetto alla Sardegna.
Secondo la Sottosegretaria Todde, come risulterebbe dal sito INPS, la Sardegna avrebbe spedito in ritardo le domande e solo dal 23 aprile scorso. Per l’Assessora Zedda in realtà la spedizione delle pratiche sarebbe stata costante, ma ci sarebbero discrepanze fra i numeri delle domande inoltrate dalla Regione e quelle concretamente rilevate dall’Istituto di Previdenza. Prova ne sarebbe che negli ultimi giorni, da quando sembrava che la Sardegna non stesse elaborando pratiche, i numeri evidenziati nel sito INPS sarebbero in costante aumento al punto da far dichiarare alla decisora politica che entro il prossimo 15 maggio si arriverà alla definizione totale delle procedure di elaborazione e spedizione di tutte le pratiche ricevute nell’isola.
È emblematico però il tempo passato dall’approvazione del DPCM lo scorso 17 marzo a oggi, data nella quale, a quasi due mesi di distanza, molti dei lavoratori, letteralmente disarcionati dagli effetti ingenerati dal Covid19, non hanno ancora ottenuto l’agognato ammortizzatore sociale in Sardegna così come nella penisola. La burocrazia come sempre accade in Italia, ancorché limitata in molti ambiti vista l’eccezionalità del momento, è il più grande freno allo sviluppo e in questo caso all’indispensabile sostegno economico per coloro che sono rimasti senza reddito.
Discorso diverso per le altre tipologie di percettori di ammortizzatori sociali come ad esempio quelli richiedenti la “cassa integrazione ordinaria”: a fronte di 9.710 beneficiari e delle relative domande presentate, almeno 6.931 di essi (dato aggiornato al 7 maggio) hanno ottenuto il pagamento dell’indennità. Ovvero il 71% del totale. Più o meno la stessa percentuale di coloro che, fra le partite iva, hanno ricevuto (a oggi) le famose 600 euro di contributo statale per lenire gli effetti della chiusura obbligata delle proprie realtà produttive o anche la riduzione del proprio giro d’affari a causa dell’epidemia.
Discorso differente, invece, per i contributi regionali della legge varata l’8 aprile 2020, meglio conosciuta nell’isola come quella degli “800 euro”.
In questo caso il legislatore aveva stabilito un metodo preciso per l’assegnazione delle risorse economiche stanziate a favore dei nuclei familiari indigenti. Ovvero quello dell’autocertificazione con la quale ogni famiglia certifica di non avere reddito o di averlo ridotto e/o inferiore agli 800 euro, direttamente e indirettamente a causa del Covid19. Solo il 5% delle domande, è scritto nel dispositivo di legge, devono essere sottoposte a verifica. Un modo quindi per accelerare il più possibile l’erogazione dei contributi alle famiglie beneficiarie senza passare da controlli preventivi. Ma anche in questo caso la burocrazia nonché la diversa interpretazione del provvedimento da parte dei Comuni che in misura distinta hanno inizialmente erogato le indennità, ha fatto sì che molte famiglie bisognose siano rimaste in un limbo in attesa delle indispensabili risorse per andare avanti e, più banalmente, mettere insieme il pranzo con la cena. Alla pubblicazione di questo articolo ogni dubbio dovrebbe essere finalmente fugato dall’interpretazione autentica della Regione attesa dai Comuni più tentennanti per rilanciare e velocizzare le procedure di erogazione.
Considerato ciò, tenuto ovviamente conto della straordinarietà del momento, delle immani difficoltà affrontate dalla classe dirigente politica rispetto a una situazione drammatica quanto inedita dal punto di vista sanitario ed economico, nonché della scarsa disponibilità di strumenti per contrastarla, è evidente però che in tempi di emergenza le estenuanti lungaggini burocratiche della macchina amministrativa italiana non hanno finora collimato con le immediate quanto impellenti esigenze dei cittadini colpiti dalla crisi. E per provare a ripartire meglio, visti i duri tempi che attendono il nostro Paese, ammesso che si riesca realmente a contenere il virus in attesa di farmaci e un vaccino efficaci, forse sarebbe la volta buona per intervenire radicalmente sulla burocrazia e rendere maggiormente a misura d’uomo il sistema amministrativo italiano.
Perché i tempi che ci aspettano, al netto dei ritardi odierni nel pagamento degli strumenti di sostegno al reddito, saranno molto difficili e irti di incertezza per i lavoratori di questo Paese. E dalla crisi economica odierna, ormai sono concordi tutti gli analisti su questo aspetto, non si potrà uscire utilizzando le stesse idee e gli strumenti del passato.

006 6428 Manolo

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