Caduti nella lotta per il pane e il lavoro

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Un ricordo del minatore Carlo Lecca, sepolto nel cimitero di Iglesias, morto nei tragici moti di Nebida del maggio 1906

di Giulia Loi 

Nel cimitero di Iglesias, poco lontano dall’entrata laterale accanto alla chiesa di Valverde, si può leggere una targa dedicata a Carlo Lecca, nato nel 1871 e morto il 22 maggio 1906, “minatore morto nell’Eccidio di Nebida”. Lecca infatti è uno dei due minatori che persero la vita in quel tragico evento del maggio 1906, ormai 115 anni fa, solo uno dei tanti che animarono un periodo, iniziato a Buggerru nel 1904, in cui i minatori della zona dell’Iglesiente protestarono con forza contro le dure condizioni di lavoro pagando troppo spesso con la propria vita. La rivolta dei minatori di quei giorni è da collocarsi in un contesto più ampio, quello dei moti che partirono da Cagliari per poi diffondersi in tutta la Sardegna. Fu una delle prime lotte in cui ci fu una presa di coscienza dello sfruttamento a cui era sottoposta la classe lavoratrice sarda: il lavoro era durissimo e sottopagato, mancavano assistenza sociale e medica. Il giorno successivo ai moti di Cagliari, il 15 maggio, a Nebida il segretario della Lega dei minatori di Iglesias Augusto Dragoni insieme a quello della Lega di Nebida, Gino Luigi Galliadi, si introdussero nei cantieri minerari comunicando ai minatori cosa succedeva a Cagliari e subito, per solidarietà e protesta, abbandonarono il lavoro. Iniziarono così le proteste per la richiesta dei servizi che ora ci paiono tra i più elementari: Nebida, ad esempio, era sprovvista delle più semplici misure d’igiene. Era il 20 maggio quando a Gonnesa convogliarono minatori della zona, mossi da un malcontento generale: in circa 600, si recarono nella casa del sindaco del tempo, Luigi Toro, chiedendo abolizione del dazio e delle tasse comunali, la diminuzione dei prezzi dei viveri, l’aumento dei salari. Anche la situazione di Gonnesa era, infatti, tragica: le case dei minatori erano sfornite di tutto, mancavano acqua, fognature, strade, le scuole garantivano al massimo l’istruzione fino alla terza elementare. Troppo poco per 2000 minatori che andavano a lavorare nelle miniere vicine. Nonostante le promesse del sindaco di aiutarli, i lavoratori iniziano a vandalizzare e attaccare diversi edifici, tra cui l’edificio del dazio e negozi. Il 21 maggio una folla di circa 400 persone, dopo essersi rifornita nelle cantine aziendali razziando soprattutto pane, si divise nel pomeriggio in due gruppi: uno si diresse a Nebida, l’altro verso Gonnesa. Quest’ultimo si scontrò con ingenti forze di carabinieri e soldati che avevano circondato il paese. A seguito del lancio di alcune pietre da parte dei manifestanti, i militari aprirono il fuoco uccidendo tre persone e ferendone 17, morirono così Angelo Puddu, Giovanni Pili e Federica Pilloni. Il gruppo che si era invece spostato verso Nebida entrò armato di mazze di ginepro verso il casotto del Dazio, mettendolo a soqquadro e minacciando anche un incendio. Intervennero quindi sette carabinieri che, dovendosi scontrare con un gran numero di minatori, in gran parte armati di mazze, aprirono il fuoco. Uccisero Efisio Ariu e ferirono gravemente Carlo Lecca, che morì nella notte, il protagonista della targa di cui abbiamo parlato all’inizio di questa storia. Carlo Lecca aveva 35 anni, era nato a Nuraminis ed era residente a San Giovanni miniera, sposato con Giovanna Casula, fu sepolto nel cimitero di Iglesias il 24 maggio del 1906. Il suo sacrificio e quello degli altri minatori che in quegli anni muovevano le prime proteste, servì a rendere diverse e migliori le condizioni dei lavoratori negli anni a venire. Sacrificio che anche quest’anno, come tutti gli anni e come per tutti gli altri eccidi, viene commemorato da amministrazioni, cittadini, scuole e associazioni.

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