Vertenza Sider Alloys, confronto con la Regione

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Portovesme, i lavoratori ex Alcoa hanno incontrato nel presidio l’assessora regionale all’industria Anita Pili, rimane ancora aperto il problema energia

di Federico Matta

Nel casotto, realizzato con tendoni in nylon e altro materiale riciclato, si attende l’arrivo di alcuni esponenti della Giunta regionale. L’ansia che solitamente ha caratterizzato l’arrivo dei politici negli ultimi anni, sembra però questa volta non comparire tra quel gruppo di ex lavoratori, che ormai da troppo tempo sperano di poter riavere il loro posto di lavoro. D’altronde nel presidio dei lavoratori ex Alcoa di consiglieri regionali, assessori e addirittura ministri, ne son passati tanti. Come testimoniano le bandiere delle organizzazioni sindacali Fiom, Fsm, Uilm e Cub, ormai sbiadite dal sole e usurate dal tempo, che sventolano in quel presidio allestito sul finire del 2012, da quando la multinazionale americana Alcoa fermò le produzioni di alluminio primario, mandando fuori dai cancelli oltre 800 lavoratori, tra dipendenti diretti e del sistema degli appalti. A un certo punto arriva davanti ai cancelli dello smelter di alluminio di Portovesme, un’autovettura di color bianco, con nel parabrezza il logo della Regione Sardegna. Scende dall’autoveicolo l’assessora regionale per l’industria Anita Pili, accompagnata dai consiglieri eletti nel territorio, Fabio Usai e Michele Ennas. Il saluto (senza stretta di mano per osservanza dei protocolli anti Covid – 19) è rivolto a tutti. Così come uno sguardo determinato ai capannoni industriali, oggi in mano all’elvetica Sider Alloys. Davanti alla baracca dei lavoratori ex Alcoa poi, espone i motivi della sua visita. “Ringrazio i lavoratori – dice – per avermi accolto qua tra di loro, davanti al simbolo della lotta per il lavoro dei lavoratori di questo stabilimento industriale”. L’ultimo incontro avuto in Regione con le rappresentanze sindacali, aveva come primo ordine del giorno il problema dell’accordo tra azienda ed Enel su un costo agevolato dell’energia, in grado di tenere competitivo sul mercato l’alluminio che sarà prodotto a Portovesme. Sarebbe questo, come sostiene l’azienda svizzera proprietaria dello stabilimento, il nodo da sciogliere prima di riavviare le produzioni del metallo. Un accordo, che dovrà avere necessariamente l’avvallo del Ministero dello Sviluppo economico. “Sull’accordo con l’Enel – aggiunge l’assessore – ci stanno portando da una settimana all’altra e non vediamo la conclusione. Abbiamo necessità di tempi certi, anche sul piano industriale. Nel momento in cui quest’accordo sull’energia sarà chiuso, vogliamo certezze anche sulla ripartenza delle produzioni in questo stabilimento, su quante persone saranno impiegate e in che modo. Vorremmo avere certezza anche sulla stabilità lavorativa e non sempre dover essere costretti a rincorrere la cassa integrazione, come sta avvenendo per i lavoratori che sono stati riassunti in quest’ultimo periodo, per le ordinarie manutenzioni. La cig è uno strumento di sostegno al reddito, che è essenziale nel momento in cui non c’è il lavoro. Noi vogliamo il lavoro, perché è giusto che ognuno di noi mantenga viva la propria dignità di persona utile al sistema produttivo e noi puntiamo ad avere in Sardegna un sistema produttivo ben integrato nel sistema nazionale. Sappiamo che questo comparto è strategica per le produzioni e il mercato dell’alluminio e per questo faremo di tutto, affinché il Mise, affinché la proprietà, affinché chi ha la possibilità ci darà risultati concreti. Ci tenevo oggi a essere qui e far sentire la nostra vicinanza, assieme all’onorevole Ennas, all’onorevole Usai, vicini al territorio, che collaborano con le organizzazioni sindacali e con la Regione, perché si arrivi presto a una conclusione positiva della vertenza. Noi ci siamo”. Al discorso dell’assessora Anita Pili, seguono gli appalusi e come consuetudine, gli interventi dei segretari delle organizzazioni sindacali dei metalmeccanici. “I lavoratori sono da 8 giorni nuovamente attivi nel presidio – spiega Roberto Forresu, segretario regionale della Fiom – perché ci sono stati alcuni fatti da parte dell’azienda che non ci sono piaciuti. Ci auguriamo di trovare presto una soluzione a una vertenza che sembra infinita. Non è più accettabile che ci continuino a dire che l’alluminio in Italia è strategico e poi non si trovano soluzioni per far ripartire le produzioni. I lavoratori sono ormai allo stremo. In questa battaglia stiamo trovando l’appoggio delle istituzioni e della politica. Bisogna però trovare subito le sinergie, per far ripartire al più presto il sistema dell’alluminio di Portovesme”. Sulla strategicità, si sofferma anche Renato Tocco, segretario della Uilm. “È l’unico sito industriale in Italia dove si può fare alluminio – sostiene Tocco – ora abbiamo un’azienda, Sider Alloys, l’appoggio della politica e delle istituzioni, ma anche i lavoratori che sono sfiniti da questa battaglia. Bisogna chiudere al più presto quest’accordo per l’energia e rientrare a lavoro per produrre alluminio primario”. Una minima parte degli 800 lavoratori, sono rientrati da alcuni mesi in azienda. Gli altri però, la maggior parte, tirano avanti con il magro sussidio degli ammortizzatori sociali in deroga. “Con le decurtazioni dell’assegno di mobilità – fa presente Rino Barca, della Fsm – siamo arrivati in alcuni casi al 50 percento, con alcuni lavoratori che percepiscono mensilmente poco più di 400 euro. E c’è di peggio. La copertura per la mobilità in deroga è garantita nel 2020 sino a ottobre. Anche questo problema va portata sul tavolo della vertenza. L’assessore regionale al lavoro ha scritto una lettera al Ministero, chiedendo che anche la mobilità sia equiparata a una cifra pari a quella della cassa integrazione, ma ancora non abbiamo avuto nessuna risposta”. La discussione è rimandata al tavolo ministeriale. Questa volta però, tutte le parti sembrano essere determinati per arrivare presto a una conclusione della vertenza. Intanto all’interno della “baracca Alcoa” alcuni ex lavoratori cucinano della carne per il pranzo. Rimarranno li tutta la giornata. “Non molleremo – promettono – sino a quando non riavremo la dignità che ci hanno tolto con la perdita del posto di lavoro. Lo facciamo per le nostre famiglie”.