
Il Consiglio regionale sardo ha varato una legge per contrastare la ludopatia nell’Isola
di Annalisa Atzei
Un logo con la scritta “No Slot – Regione Sardegna” a tutti i bar, tabaccherie e circoli privati, che nell’Isola rinunceranno alle macchinette tentatrici del gioco d’azzardo: è questa una tra le novità introdotte dalla nuova legge approvata in Consiglio regionale lo scorso mese di gennaio per disciplinare il dilagante fenomeno della ludopatia. Una vera e propria dipendenza che di anno in anno continua a coinvolgere un numero sempre più elevato di persone in tutto il Paese, e che ha convinto anche la Regione Sardegna a impegnarsi direttamente nel contrastare il gioco d’azzardo patologico attraverso l’approvazione del testo unico di legge relativo alle “disposizioni in materia di disturbo da gioco d’azzardo”. Il Consiglio regionale sardo, con 25 voti favorevoli e 3 contrari (18 gli astenuti) ha varato la legge che da quest’anno andrà a consolidare i provvedimenti che già diversi comuni, singolarmente e autonomamente, stanno adottando per prevenire, prima ancora che arginare, i dilaganti effetti della dipendenza dal gioco d’azzardo. La Regione metterà a disposizione quasi due milioni di euro per disporre sul territorio interventi che mirino all’efficacia delle norme: l’Osservatorio Regionale del Disturbo da Gioco d’Azzardo, istituito presso l’Assessorato Regionale della Sanità; la Giornata Regionale contro il disturbo da gioco d’azzardo; l’istituzione di un “Fondo Regionale GAP per i Comuni”, sono alcune delle iniziative concrete previste sul territorio che andranno ad aggiungersi a quelle attivate dai Comuni. Le novità riguardano anche gli interventi che la Regione metterà in atto per rafforzare il proprio impegno su questo fronte: la legge prevede, infatti, che venga rilasciato il patrocinio regionale a tutte quelle iniziative di carattere culturale, sportivo e ricreativo che in qualche modo sensibilizzino verso l’utilizzo responsabile del denaro e il contrasto al gioco d’azzardo, negandolo dall’altra parte a quelle iniziative che lo favoriscano. Da qui la nascita del logo “No Slot – Regione Sardegna” che, tramite i Comuni, verrà rilasciato ai locali che scelgono di non installare o di rimuovere le apparecchiature per il gioco. I Comuni, inoltre, attraverso la misura del cosiddetto “distanziometro” previsto dalla nuova legge, potranno ora vietare l’apertura di sale da gioco e l’installazione di nuovi apparecchi in locali che si trovino ad una certa distanza, determinata dalla Giunta regionale, entro il limite massimo di 500 metri da luoghi considerati sensibili, distanza che potrebbe anche variare su richiesta dei Comuni, in caso di aree periferiche già particolarmente degradate. Ai Comuni viene poi concessa la facoltà di prevedere agevolazioni sui tributi comunali per i titolari di esercizi che decidano di rimuovere o rinunciare all’installazione di apparecchiature per il gioco e il potere di far rispettare la riduzione degli orari di apertura previsti per le sale giochi e le attività commerciali in cui sono presenti gli apparecchi per il gioco. Per quanto riguarda gli esercizi in possesso di autorizzazioni, la norma prevede una fase transitoria che stabilisce un termine massimo di 5 anni per adeguarsi alle nuove disposizioni relative alle distanze minime.
Un ruolo importante è affidato alle scuole e al personale scolastico, che sarà impegnato in iniziative formative e in campagne di sensibilizzazione negli istituti scolastici. I ragazzi sono, infatti, tra i principali soggetti a rischio. Secondo l’ultima indagine condotta dall’osservatorio Nomisma, in collaborazione con l’Università di Bologna e il supporto di Unipol, su un campione di circa 10 mila studenti di 116 scuole superiori, il 48% dei giovani tra i 14 e i 19 anni nel 2018 ha giocato d’azzardo, in particolare con i gratta e vinci e le scommesse sportive. Nonostante il divieto per i minorenni, il 46% di chi nell’ultimo anno ha avuto esperienze di gioco non ha ancora compiuto 18 anni; molti (il 26%) iniziano a giocare per curiosità, altri per divertimento o perché all’interno del gruppo di amici o in famiglia si gioca con abitudine. Ma non per tutti il gioco è divertimento: dallo studio emerge, infatti, che il 6% dei ragazzi ha sviluppato pratiche di gioco problematiche.