Soffiano venti di guerra sull’Ucraina e l’augurio è che la guerra non esploda, anche se tutto sembra volgere al peggio
di Giampaolo Atzei
Quando scriviamo queste righe e mandiamo in tipografia il numero corrente, soffiano venti di guerra sull’Ucraina e l’augurio di tutti è che la guerra finalmente non esploda, accogliendo l’appello di speranza del mondo intero, le preghiere di papa Francesco, gli sforzi della diplomazia internazionale.
Tuttavia, mentre arrivano notizie di un ritiro russo, confidando sin all’ultimo spiraglio di pace, qualcosa già è successo e non possiamo far finta di nulla. Prima di tutto, la guerra in Europa sembra nuovamente una possibilità concreta e, anche se non dovesse deflagrare il conflitto, dopo lontani decenni di “guerra fredda” e sanguinose crisi locali come la dissoluzione della Jugoslavia, abbiamo nuovamente assistito alla prova di forza di una potenza mondiale.
E qui sta la vera paura, perché – da Sarajevo sino alla Siria – sebbene la guerra non sia mai scomparsa dal Mediterraneo, stavolta chi muove sulla scacchiera è seduto sopra la valigetta delle armi nucleari e la contrapposizione è apertamente tra la Russia, che non rinuncia alla sua vocazione imperiale mai dismessa, e l’Occidente e gli Stati Uniti, accusati di voler espandere la Nato sino alla frontiera russa. Sullo sfondo orientale la Cina, non più comprimaria bensì primadonna dello scenario mondiale, la potenza in ascesa capace di far sentire il suo peso in tutto il pianeta, alleata dei russi in questo drammatico frangente. Il resto, dalla Turchia, alla crisi libica, ai tanti governi africani sostenuti da Pechino, è un gioco di pedine mosso da queste mani.
C’è timore, perché gli effetti di questa crisi, che si somma ai due difficilissimi anni di pandemia, li stiamo pagando tutti: complice la nostra dipendenza dal gas importato da Est, paghiamo bollette energetiche raddoppiate, maggiori costi di produzione e trasporto, l’inflazione crescente. Intanto, mentre ci sentiamo più poveri e fragili, le diplomazie ballano, cercano soluzioni. Altri tempi, altre cause, altri mondi, però l’inflazione e il balbettare politico di fronte alle prove di forze altrui richiamano alla mente scenari che è meglio non evocare ma nemmeno dimenticare: l’Europa prima della seconda guerra mondiale.
Forse, come qualche osservatore rileva, quella che stiamo vivendo potrebbe anche essere una crisi della democrazia: da una parte la Russia e il cesarismo di Putin arrivato al suo apice, dall’altra l’Europa che si interroga sulle sue libertà civili e la propria indipendenza energetica e strategica. Se, come ci ripete papa Francesco, stiamo già vivendo una terza guerra mondiale a pezzi, abbiamo la consapevolezza per evitare che una semplice scintilla si trasformi in un incendio dalle conseguenze imprevedibili.

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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 6 del 20 febbraio 2022