Parco geominerario. Si sblocca favorevolmente la vicenda per la tutela (e la prossima acquisizione) della raccolta mineralogica di Antonio Manunta
di Miriam Cappa
Sono 4621 minerali, con esemplari talmente rari come le aragoniti che, solo per ammirarli, hanno mosso persone dall’altro capo del mondo: è la Collezione di Antonio Manunta che, dallo scorso gennaio, ha un nome certificato e anche un riconoscimento di “interesse particolarmente importante” da parte del Ministero dei Beni culturali. Tradotto dal burocratese significa che lo Stato la può salvaguardare e anche i suoi enti pubblici come il Parco geominerario, che ora la può acquisire.
È la fine di un pastiche che ha rischiato di far volare via dall’Isola uno dei suoi pezzi di storia più preziosi e per Villa Pertusola di un ginepraio con la Corte dei conti. Il presidente Tarcisio Agus lo dice chiaro in un comunicato in cui annuncia il successo diplomatico ottenuto insieme al suo Direttivo: il Consiglio anche dopo la perdita del primato Unesco non si è dimesso e, come il Comitato scientifico, è privo dei rappresentanti maggioritari del Consorzio.
“Dopo le infuocate polemiche a nota stampa – scrive Agus – ove è prevalsa la mera volontà di additare il Parco Geominerario, irresponsabile, per il non acquisto della raccolta dei minerali più nota come “Collezione Manunta”, senza porsi minimamente il dubbio, se a fronte delle resistenze del Consiglio Direttivo di deliberarne l’acquisto, vi fosse una “ragion di Stato” che potesse impedirlo. In più occasioni si è cercato di far capire che l’uso delle risorse pubbliche, anche per l’acquisto di beni importanti per la collettività, deve esser fatto seguendo i crismi della legalità, pena l’obbligo di rifondere lo stato, da parte dei componenti il Consiglio Direttivo, del danno subito. Quest’ultimo elemento per molti marginale, era l’argine all’agire, in quanto, si forzava l’acquisto di una raccolta di minerali, pur importante ed unica a detta di tutti, ma in mano ad un privato e non certificata”.
Il caso era scoppiato nel 2018 quando si era chiarito che il Parco, nonostante avesse già stanziato (e speso in parte) un fondo per l’acquisizione della raccolta, aveva fatto dietro front perché si era accorto di non poter investire in un bene di cui non aveva la proprietà. Allo stesso modo di quanto continua accadere alla Laveria Lamarmora, il cui restauro è bloccato e l’impianto continua a cedere.
Contro la dispersione della raccolta si era adoperata l’Associazione Mineraria Sarda che aveva lanciato l’allarme e si era fatta coordinatrice di un movimento di associazioni al quale Agus aveva promesso impegno per trovare una soluzione.
Così il Consorzio ha proceduto come avrebbe dovuto fare all’origine, anche prima di pagare centinaia di euro le fatture per le perizie dei minerali o il nuovo allestimento delle stanze che dovrebbero accogliere la Collezione al Museo mineralogico del Minerario, ha chiesto come fare ai suoi superiori: Unesco, Ministero dell’Ambiente e Mibac. “L’Unesco ed il Ministero vigilante, non risposero mai alle note, mentre lo fece il Ministero dei Beni Culturali che incaricava la Soprintendenza di Cagliari a verificare il caso. In data 16 gennaio 2020 il ministero inviava al Sig. Manunta e per conoscenza al Parco, il decreto di tutela diretta, ai sensi del D. Lgs. n.42/2004”. Poi “il Parco ha già sentito il Sig. Manunta e nella seduta del Consiglio del 7 febbraio scorso, ha deliberato il parere favorevole all’acquisizione. Ora il sig. Manunta dovrà comunicare al Ministero la volontà di cedere al Parco la sua collezione, a titolo gratuito oppure oneroso, ed in tal caso comunicarne il valore, in quanto il Ministero, con il decreto di tutela, è titolare del diritto di prelazione”.