Il fondamentalismo, un virus incubato nel clima di guerra

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Il conflitto metafisico tra Occidente e Russia evocato dal patriarca di Mosca Kirill investe anche le inquietudini di casa nostra

di Giampaolo Atzei

“In nome di Dio, fermate questo massacro” ha ripetuto domenica papa Francesco, da molti, oltre ogni appartenenza di fede e pensiero, ritenuto l’unico vero leader mondiale che possa ancora mediare tra Russia e Ucraina per fermare una guerra che dura già da tre settimane. In un mondo dove la crisi più grande è quella della fiducia reciproca, delle mille verità, la Santa Sede rimane la speranza dell’umanità che cerca la pace, una potenza mondiale senza armi da mettere sul tavolo se non quelle del dialogo e della preghiera. Intanto, ad onta del suo chiaro parlare contro le armi, taluno ha poggiato un’ombra sul Papa, reo di non schierarsi, di chiedere la pace per tutti senza riconoscere i russi aggressori, di non chiamare guerra la guerra. In questo senso, abituati ormai a urlare ogni cosa sui nostri social, l’uso ponderato delle parole del Papa turba ma non è certo segno di debolezza, quanto di prudenza e realismo. Andando indietro nel tempo, si potrebbe ricordare la contestata posizione di papa Pio XII contro il nazismo, frenata nelle sue dichiarazioni più estreme proprio dalla cautela di preservare l’esistenza della Chiesa e della sua capacità di dialogare, dare asilo e lavorare nel silenzio. Così, questi giorni di dolore almeno possono esserci d’aiuto per capire la storia, il nostro passato, e anche il nostro presente.
In bilico tra i se e i ma, si scopre poi che sempre più italiani stanno simpatizzando con Putin, giustificando in più modi le ragioni dell’aggressione russa. Sarebbe troppo facile identificare i putiniani d’oggi nei no vax di ieri, per il credito concesso alle fake news, per il loro essere depositari di verità che le masse ignorano, ricordando seduzioni sovraniste a destra – le vacanze in dacia di Berlusconi con il capo del Cremlino e la maglietta rinfacciata a Salvini dal sindaco di Przemysl – e nostalgie per Mosca sovietica a sinistra. Sotto queste scene evocate, quasi caricature se non si parlasse di una tragedia, c’è però qualcosa di più inquietante: è il conflitto “metafisico” evocato tra il nostro Occidente corrotto e l’Oriente della Terza Roma bizantina. Sono le parole del patriarca di Mosca Kirill, che contrappone la guerra giusta della Russia, residua custodia dei valori della civiltà cristiana, contro un’Europa debosciata, scristianizzata, che si perde nelle parate dei “gay pride”. Parole che trovano eco anche in molte anime inquiete di casa nostra, nella sottile e profonda piega, già scavata dalle ideologie e dal peso di questo biennio ripiegato in sé, dove si insinua il conflitto culturale che da tempo arde nella nostra società e pure nella nostra Chiesa, tra la società liberale e democratica, globalizzata, secolarizzata e votata al “politicamente corretto”, nel cui schema viene inclusa anche la Chiesa di Francesco della fratellanza e dell’accoglienza, a cui si contrappone il bastione della tradizione, dell’autorità che non cede, della conservazione, liturgicamente solenne, dell’intransigente difesa di credenze e valori che non si negoziano e si difendono, strenuamente, pure sino alla morte in battaglia.
Effetto della guerra, la sottile piega è ora una linea di frattura apparsa in tutta la sua drammatica evidenza e che ha un nome chiaro e terribile: fondamentalismo.

Vaticano, 16 marzo 2022: incontro telematico tra Papa Francesco e Kirill – Foto Vatican Media/SIR

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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 10 del 20 marzo 2022

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