Al Santuario del Buon Cammino di Iglesias la celebrazione con il vescovo Giovanni Paolo per Giornata mondiale della vita consacrata
di Valeria Carta
Foto di Efisio Vacca
Domenica 2 febbraio, nel santuario della Madonna del Buon Cammino a Iglesias, le religiose e i religiosi della diocesi si sono riuniti per celebrare insieme la Giornata mondiale della vita consacrata. La tradizionale festa della candelora, durante la quale si ricorda la presentazione di Gesù Bambino al tempio, è ormai da 24 anni la giornata dedicata al ringraziamento e alla lode nei confronti di quel dono, così misterioso e divino, che è la consacrazione.
Sulla scia del Vangelo di Luca il vescovo mons. Giovanni Paolo Zedda, che ha presieduto la celebrazione, ha ricordato quanto sia importante riconoscere Gesù nella vita quotidiana, così come hanno fatto Samuele ed Anna. “Abbiamo bisogno di vedere oltre le apparenze”, ha proseguito, soprattutto quando veniamo assaliti dai dubbi sulla nostra vocazione. Simeone ha potuto realizzare sé stesso quando, finalmente, ha riconosciuto il Cristo, “ha potuto vedere così come la profetessa Anna ha potuto annunciare” un Dio bambino “che si può incontrare solo con il dono della Spirito”.
Al termine dell’omelia i consacrati convenuti hanno rinnovato le loro promesse allo Sposo fedele che, come nelle storie d’amore più belle, aspetta sempre l’amato alla porta del cuore. Le religiose e i religiosi di tutta la diocesi, per mezzo di un proprio esponente, hanno poi ringraziato Dio per la particolarità del carisma al quale sono stati chiamati. Un momento di preghiera e lode che ha dato in parte una panoramica sulla situazione odierna e sulle necessità delle nostre comunità.
Massimo comune denominatore per tutte le realtà di religiosi il dono totale di sé al prossimo secondo la vocazione specifica. E così la nostra diocesi può ringraziare di tanti doni che passano per le mani di coloro che si sono votati sia ad una vita spesa per l’educazione delle nuove generazioni, alla formazione, all’aiuto dei più deboli, sia ad un’esistenza di pura preghiera. Tutte le realtà presenti sul nostro territorio sono il polmone che fa respirare le comunità locali, attraverso il quale Dio si fa prossimo a chi ne ha più bisogno.
La festa è così un’occasione per rinfrancare gli animi e le speranze di tutti coloro che hanno scelto un unico Amore donandosi a Lui completamente. Ma è anche il momento per unirsi in preghiera e chiedere a Dio di non lasciare mai soli coloro che hanno fatto della loro vocazione per la vita un’offerta a tutta la comunità.
E se il motivo della celebrazione può trarre in inganno, portandoci a pensare che sia qualcosa che riguarda solo i consacrati, Dio ci mostra come tutti abbiamo un posto nella Chiesa anche nelle situazioni alle quali, apparentemente, ci sentiamo più estranei. Infatti, “lo stupore”, che ha preso Maria e Giuseppe, deve essere il medesimo a cui tutti siamo chiamati guardando la molteplicità di carismi che ci circondano, affinché “non ci stanchiamo mai di richiedere grandi grazie per coloro che sono stati chiamati ad una vocazione così particolare”. Tutti, infatti, nella nostra quotidianità dobbiamo poter “vedere il Signore” che è luce per tutto il mondo.