Una stagione straordinaria di unità per uscire dalla crisi

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La situazione economico-sociale-sanitaria-ambientale della Sardegna. Ora è giunto il tempo di unire le forze al di là degli schieramenti partitici

di Mario Girau

Soprattutto in questo tempo di pandemia dal “palazzo” arrivano ai Sardi tre messaggi: le forze politiche regionali non sembrano in grande in sintonia con la gente; le istituzioni faticano enormemente nel ricercare e trovare soluzioni alla crisi economico-sociale-sanitaria-ambientale della Sardegna; è il tempo di unire le forze al di là degli schieramenti partitici.
Si ha l’impressione che la politica viaggi su un binario diverso da quello dei cittadini sardi. Per i comuni “normali” abitanti di quest’isola il problema più importante è il lavoro/disoccupazione. Un’emergenza risolvibile solamente se si affrontano contemporaneamente alcune questioni diventate ormai negativamente croniche: riconversione industriale, opere pubbliche, trasporti, energia, istruzione, riforma della pubblica amministrazione. Il diario del Consiglio regionale, invece, registra altro: delle 13 leggi approvate nei primi 5 mesi e mezzo del 2021 soltanto 5 meritavano urgenza: il riordino del territorio (legge n. 1), la valutazione dell’impatto ambientale (n. 2), legge di stabilità (n. 4) e il bilancio (tecnico) di previsione triennale (n. 5), interventi finanziari a favore delle attività economiche e dei lavoratori a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 (n. 8). Tutte le altre sarebbero potute essere rinviate a tempi migliori: comprese le norme riguardanti l’ordinamento regionale con le nuove province e città metropolitane (n. 7) e la riorganizzazione della Presidenza della Regione.
È una Regione strabica. I Sardi guardano preoccupati al presente, ma ancor più al futuro, mentre le Istituzioni tacciono, per mesi bloccate nella creazione (cui seguirà la distribuzione degli incarichi non solo in base ai titoli, ma anche al peso politico e all’appartenenza dei candidati) di poltrone che non generano posti di lavoro e non incidono sulla realtà economico-sociale. I partiti litigano su improbabili nuove province e trascurano la valorizzazione dei territori possibile anche senza assessori a chilometro zero. In via Roma e in viale Trento si tenta di potenziare il centralismo amministrativo in un tempo in cui i sindaci chiedono più decentramento e sussidiarietà. Anziché varare concorsi aperti a tutti si instaurano rapporti di lavoro a tempo determinato che moltiplicano la precarietà. Ai giovani laureati e diplomati, che cercano di conoscere peso e valore del titolo di studio e della professionalità per restare nell’isola e non emigrare, si risponde col silenzio. È forte l’impressione che l’attuale classe politica non sia in grado di risolvere i problemi dell’Isola. Da anni il tasso di natalità sardo è il più basso d’Italia e ancora mancano valide politiche per la famiglia. Da quindici anni si pubblicano studi con l’indicazione dei paesi destinati a scomparire nei prossimi 5-10-15-20 anni se non si fermerà lo spopolamento nei piccoli centri dell’interno, “sentinelle” dell’ambiente, delle terre, scrigno delle tradizioni e della peculiarità della nostra cultura.
Consiglio e Giunta da decenni non riescono a risolvere i problemi dei trasporti, che rendono l’isola ancora più isola. La Sardegna è la regione con la “bolletta “energetica più alta d’Italia e da 30 anni si attende il metanodotto. La pandemia ha messo a nudo le carenze di un sistema socio-sanitario “tela di Penelope”: la giunta che segue disfa la riorganizzazione avviata dalla Giunta precedente. Il coronavirus ha aumentato il numero dei poveri, la DAD ha sconvolto la vita delle famiglie, accresciuto il divario tra studenti ricchi e studenti poveri, ha peggiorato i dati sul lavoro.
Delegittimare l’attuale classe politica – nata da libere, seppure sempre meno partecipate elezioni – è esercizio velleitario che accontenta la fantasia e la politica muscolare. La devastante pandemia richiede nuovi strumenti di lettura e interpretazione di una realtà profondamente cambiata. Strumenti che non si improvvisano, ma si elaborano con la partecipazione di tutti: imprese, sindacati, Università, autonomie locali, associazionismo organizzato, terzo settore.
Le Istituzioni sono chiamate, soprattutto in Sardegna, a contrastare gli effetti della crisi e delineare la Sardegna del futuro, l’isola in cui i cittadini, soprattutto più giovani, hanno diritto di vivere. Un obiettivo che nessuna forza politica responsabile può immaginare di perseguire in perfetta solitudine.
I Sardi si rendono conto e toccano con mano che oggi nessuna maggioranza è in grado di condurre la nave Sardegna nel sicuro porto dello sviluppo. È necessaria una stagione straordinaria di unità regionale delle forze politiche su 5 obiettivi comuni: lavoro, sanità, istruzione, trasporti, ambiente. È urgente che i partiti siano pronti a lavorare con uomini e donne di grande prestigio personale e professionale per navigare lungo la rotta che porta all’occupazione, migliora il welfare, fa rientrare dall’estero i nostri giovani. Su questi interventi legittimo un solo timbro: “opera voluta dal popolo sardo”.

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