Reti in mare, si rinnova la mattanza

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Ad aprile si rinnova la tradizione della pesca del tonno, fonte di grande sostentamento economico per l’Isola di San Pietro

di Nicolo Capriata

Come ogni anno tra il dieci e il venti aprile nelle acque intorno all’isola si rinnova il rito ancestrale della mattanza, uno spettacolo bello e cruento insieme. Lo scorso venerdì sono state calate le lunghe e pesanti reti di questa trappola ingegnosa. La pesca del tonno, fonte di grande sostentamento economico, è stata praticata fin da quando ancora gli isolani si trovavano a Tabarca. Quando sono giunti a San Pietro, dove erano già in funzione tre tonnare (Portoscuso, Portopaglia e Isola Piana), è stato facile, quasi un gioco, per loro dedicarsi a questa attività che oltre ad essere che oltre ad essere un grande vantaggio economico è anche ricco di storia, di tradizione, di episodi straordinari.
Come pochissimi sanno, per esempio, la prima causa contro l’inquinamento fu discussa dalla magistratura e fu intentata dalle tonnare di Portoscuso e Portopaglia, perché la Malfidano, una società mineraria, scaricava a mare la ganga intorbidendo il mare e pregiudicando il passaggio dei tonni. Un altro fatto di una certa rilevanza e che c’è voluta una Commissione Parlamentare d’Inchiesta per far abbassare il costo del tonno per battere la concorrenza dei paesi iberici, che lo mettevano sul mercato ad un costo notevolmente inferiore. Anche in questo caso, come nel precedente, sono stati fatti incontri, studi e scritto una caterva di libri e libelli.
E poi tanti episodi minori, cronache che sono stampate quasi indelebilmente nella memoria di tanti carlofortini. Come il giorno e il numero pescato in una sola mattanza. Tutti ricordano che era il 31 maggio del 1909 quando si pescarono in una sola volta 2049 tonni! Da tutti è conosciuta come “a mattansa du Lallan” dal sopranome di Angelo Pomata, il rais che la diresse. O anche che nonostante il veloce incrocio e roteare dei raffi durante l’esecuzione della pesca non sia mai accaduto un grave incidente. La ciurma lavorava alacremente con destrezza e abilità: più tonni issavano a bordo più lauto era il guadagno. In questi frangenti ci fu però purtroppo un infortunio mortale. La disgrazia non successe a causa di un incidente sul lavoro, ma dalle intemperie del tempo. Il rais Giuseppe Luxoro, nel giugno del 1914, mentre al centro del quadrato dirigeva le fasi della pesca fu colpito da un fulmine e morì sul colpo.
Tanti trucchi, tanti piccoli segreti che venivano custoditi gelosamente e celati.  Ma anche tante usanze e tradizioni. Da aggiungere anche una terminologia atavica e quanto meno originale, che purtroppo va scomparendo nella dimenticanza, tra l’insensibilità e l’indifferenza di tutti. I tempi passano e tutto cambia e si trasforma. Anticamente non c’erano mezzi di comunicazione ma i carlofortini sapevano ugualmente la tonnara che eseguiva la mattanza. Si portavano su un belvedere e  se scorgevano una bandiera a scacchi bianchi e rossi, era la mattanza di Portopaglia ad aver eseguito la mattanza, s’era bianca con croce rossa era quella di Portoscuso, se invece veniva issata la bandiera tricolore ad effettuare la mattanza era l’Isola Piana.
Impiegato nella ciurma di terra c’era un giovincello che fungeva da postino: recapitava le lettere ai tonnarotti e ai loro parenti. Ma forse la consuetudine più (come dire) intrinseca erano i riti religiosi. Un cappellano fin oltre alla metà del secolo scorso veniva assunto in tonnara. E poi, come accade ancora oggi, benediceva le reti prima di essere calate a mare. All’inizio della pesca i pescatori si alzavano in piedi sui loro vascelli, si toglievano il cappello e reciassavano, o meglio borbottavano, una preghiera propiziatrice che costituiva di un “Credo” allo Spirito Santo, un Ave Maria alla Madonna seguiti immediatamente da sette Pater Noster a cui proseguiva una preghiera propiziatrice che declamava “A Sant’Antoniu cu ne desbarasse un cammin e u n’âscite inte nostre operasuin (A Sant’Antonio che ci liberi il cammino e ci assista nostre operazioni) A San Zorzu cu ne libere dai pésci catìi  (A San Giorgio che ci liberi dai pesci cattivi) A San Gaitan cu ne mande da Pruvvidensa (A San Gaetano che ci mandi della Provvidenza) A San Pé cu ne mande na buña pesca (A San Pietro che ci mandi una buona pesca). Finita la preghiera il rais iniziava la corrida del mare, fatta di sudore e fatica, una vera gara, quasi una guerriglia tra gli uomini.
Ci sono state stagioni copiose che hanno fatto la felicità della ciurma. Nel 1786 dalle quattro tonnare furono complessivamente catturati la bellezza di 43.200 tonni! Si capisce da queste piccole, anche se marginali  vicende, quale grande importanza collettiva, economica e sociale abbia avuto l’industria del tonno nella comunità isolana. Un ultimo significativo esempio: il maggior numero di matrimoni celebrati a Carloforte si celebravano nei mesi agosto e di luglio, quando gli uomini con i guadagni della pesca avevano qualche soldo in più

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