L’ex presidente del Senato recentemente scomparso all’età di 87 anni, il suo impegno in politica, cattolico alla ricerca del bene comune
di Mario Girau
Anche in Sardegna si parla con sempre più frequenza – e il nostro settimanale lo registra puntualmente, anche in questo numero – del ritorno dei cattolici all’impegno politico diretto. Laici che, stanchi di assistere alle evoluzioni ideologiche e ai compromessi che mettono in un angolo valori e ricerca del bene comune, “scendono in campo”. Come ha fatto 30 anni fa Franco Marini, l’ex presidente del Senato recentemente scomparso all’età di 87 anni, che proprio a Cagliari matura l’idea di impegnarsi direttamente in politica, anche grazie a circostanze esterne che lo portano al grande passo. Altri due appuntamenti con il leader sindacale sono finiti nel libro della storia della Cisl sarda: venerdì 29 maggio 1987 Marini e Ugo Pirarba (segretario Cisl regionale) firmano il “Patto di Solidarietà” tra Cisl confederale e Cisl sarda; martedì 24 aprile 1990 a Cagliari per celebrare il 40° anniversario della nascita del sindacato fondato da Giulio Pastore.
Il segretario generale della Cisl nazionale è invitato a chiudere, il 18 marzo 1991, nel palazzo dei congressi della Fiera internazionale della Sardegna, la commemorazione del centenario della “Rerum Novarum”, l’enciclica di Papa Leone XIII sulla “questione sociale”. Un lunedì particolare per Marini – che a distanza di 25 giorni, il 13 aprile, giurerà come Ministro del Lavoro nel settimo e ultimo governo Andreotti – ma anche per la segreteria regionale della Cisl, spettatrice in diretta dell’inizio dell’ingresso del suo leader nazionale nella frontiera delle istituzioni. Una giornata speciale per Franco Marini per la morte, il giorno prima, del capo della corrente democristiana “Forze Nuove” il ministro Carlo Donat Cattin, di cui Marini è erede designato.
Antonio Uda, segretario generale della Cisl sarda, ha organizzato nei particolari il breve soggiorno cagliaritano di Franco Marini, in tutto 9 ore: dall’arrivo all’aeroporto di Elmas verso le 10, alla ripartenza per Roma in serata dopo l’intervento finale al convegno organizzato per ricordare la “magna charta” dell’ordine sociale. All’arrivo in via Ancona n. 1, la riunione della segreteria regionale, appuntamento fisso dell’agenda settimanale del vertice sindacale cislino. Top secret, ovviamente, i contenuti al centro della discussione. Ma non è difficile immaginare che Antonio Uda e gli altri segretari abbiano presentato a Marini le costanti difficoltà dell’isola documentate dai dati su occupazione e disoccupazione appena sfornati dall’ISTAT. Cagliari guida la classifica delle province sarde con la percentuale più alta di disoccupati: 20,98% in cerca di occupazione sul totale della forza lavoro. Seguono Sassari (19,57%), Oristano (18,33%) e Nuoro (17,92%). La media regionale è dunque del 19,85%. Il Logudoro e il Goceano in quei giorni si mobilitano contro la Giunta regionale perché esclusi da importanti atti programmatori: Piano triennale dell’Ambiente, Piano regionale Trasporti, Legge 268 Piano di Rinascita, Piano Generale d Sviluppo.
Attorno a mezzogiorno il telefono di Franco Marini comincia a squillare con una certa frequenza. Per lui è una “giornata da bollino rosso. Il giorno prima è morto Carlo Donat Cattin, Ministro del Lavoro in carica. Gli arrivano le telefonate di solidarietà di amici della corrente di Forze Nuove, di cui il segretario generale Cisl rimane ormai il leader naturale, ma anche quelle dei giornalisti che gli chiedono se succederà a Donat Cattin alla guida del Ministero del Lavoro. Marini qualche volta commenta con un sorriso, altre volte tormenta l’immancabile pipa. Non lascia trapelare nulla. Che cosa può dire? Il governo Andreotti, nato nel 1989, è in una situazione di precrisi: stanno per venire al pettine gli elementi di conflittualità e di frammentazione che sempre più dividono l’alleanza. Il 26 luglio 1990 c’erano state le clamorose dimissioni di ben 5 ministri (tra cui Sergio Mattarella) dell’area democristiana di sinistra dopo che il Governo aveva deciso di porre la questione di fiducia su un disegno di legge di riforma dell’emittenza radiotelevisiva (c.d “legge Mammì”). Il governo si stava sfilacciando: il 29 marzo 1991 Andreotti si dimetterà. Il 13 aprile Franco Marini sarà il nuovo ministro del Lavoro del settimo e ultimo governo Andreotti.
Durante il pranzo con la segreteria regionale Cisl, viene fuori il carattere familiare di Marini, che ricorda i suoi inizi nel sindacato con Giulio Pastore, i campi scuola di formazione, le grandi figure che hanno fatto la storia della Cisl, aneddoti riguardanti la quotidianità sindacale, le riunioni interminabili per chiudere importanti contratti. Anche la formazione cattolica di Marini, che spesso ha raccontato ai giornalisti le sue origini parrocchiali: “Io il mare l’ho visto per la prima volta durante una gita dell’Azione cattolica. Sono stato a Roma per la prima volta nel 1950, con un viaggio organizzato dai “baschi verdi” cattolici. Il primo calcio a un pallone di cuoio l’ho dato nell’oratorio. I primi corteggiamenti li ho fatti nella mia parrocchia”.
Nel pomeriggio la lezione sulla Rerum Novarum, “la cui straordinaria attualità, a distanza di cento anni dalla sua emanazione da parte di Papa Leone XIII, è ancora nitida. Documento – aggiunge Marini – che si apre al nuovo tempo della rivoluzione industriale senza complessi né timori. Il Papa sceglie di schierare la Chiesa chiaramente dalla parte dei più deboli e rappresenta la svolta nell’esperienza del movimento operaio di matrice cattolica… Nasce allora il concetto di legislazione sociale, davanti alle condizioni tremende di lavoro; furono i cattolici che da lì presero una grande spinta in avanti e recitarono un ruolo importante”. Perché chiamati a ridurre, come voleva Leone XIII, “l’immensa distanza tra la somma povertà e la somma ricchezza”. Un obiettivo ancora attuale.