Pregiudizi anticlericali retaggio del passato e sensazionalismo non facilitano il doveroso percorso della Chiesa italiana contro il problema degli abusi
di Giampaolo Atzei

“Un’inchiesta in profondità tra le centinaia di casi di pedofilia e di violenza su donne i cui protagonisti, sacerdoti italiani, vengono coperti dalla complicità e dai silenzi delle autorità ecclesiastiche”. Con queste parole, firmate da Federica Tourn, il quotidiano “Domani” presenta una sua nuova indagine giornalistica per “sollevare il velo di ipocrisia grazie al quale la Conferenza episcopale italiana, aiutata dallo strabismo dei media nazionali, riesce a far credere che il problema ci sia solo in altri paesi” e chiedere “subito una commissione d’inchiesta indipendente, come quelle che si sono appena formate in Spagna e in Portogallo”.
Presa così come viene presentata, l’iniziativa appare pure coraggiosa, il giornale diretto da Mattia Feltri segue il solco tracciato da altri giornali europei, come El Pais in Spagna, per raccogliere e far emergere testimonianze di abusi contro minori e donne all’interno della Chiesa cattolica. Altrove, come in Francia e Germania, inchieste particolari sono state compiute con la collaborazione delle stesse Chiese nazionali.
In Italia, la Chiesa cattolica ha avviato un importante processo interno contro questo orribile problema e in tutte le diocesi sono ora presenti dei responsabili per il servizio della tutela dei minori, mentre vanno organizzandosi degli uffici preposti. Tuttavia, è innegabile che qualche ritardo esista ma per collaborare serenamente verso un obiettivo comune tutti dovrebbero liberarsi dei propri pregiudizi di parte e non sembra che ciò stia accadendo. Anzi, certe azioni verso la “verità”, più che per la verità in sé sembrano spesso animate da un vecchio – e pure anacronistico, diciamolo senza remore – anticlericalismo. Così, leggere nello stesso articolo di Domani che “i pedofili nella chiesa non sono ‘mele marce’ come dicono le gerarchie ecclesiastiche” e che “quando si mettono insieme i tasselli del mosaico, dispersi nelle cronache locali e poi dimenticati, emerge un quadro di violenza endemica che riguarda ogni ambito della vita della Chiesa”, chiarisce come la rappresentazione che si offre della Chiesa italiana sia quella di una istituzione corrotta dal male, perversa nel suo profondo.
Sono giudizi pesanti su duemila anni di storia, certamente non nuovi, molto spesso gratuite semplificazioni, però rinnovati in un contesto sociale e in un momento storico quale il presente dove arriviamo a cercare le ragioni anche di chi scatena una guerra nel cuore dell’Europa: viviamo in un mondo dove ponderiamo tutto, dominato dai “se” e dai “ma”, dove pure le visioni antiscientifiche e antistoriche trovano spazio in nome del pluralismo ma per il cristianesimo non c’è pietà, non c’è comprensione. Per la Chiesa la condanna pare già emessa, per chi cerca di capire e raccontare il bene faticoso testimoniato da tanti onesti sacerdoti, rimane l’amara percezione di sentirsi come un agente al soldo del Vaticano, nonostante si viva immersi in una società segnata da una profonda secolarizzazione e di certo l’Italia di oggi non è quella di cinquant’anni fa.
Ecco perché, ancora una volta e specialmente in questo tempo complesso (per usare una parola oggi sulla bocca di molti) è l’ora di chi riesce a tessere trame, gettare ponti, ascoltare e ragionare insieme, essere davvero sinodali, sennò rimarrà uno sterile muro contro muro: la verità e la giustizia in un clima simile sono sempre le prime vittime e con esse tante vite innocenti spente nel silenzio.
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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 16 dell’8 maggio 2022