Nel santuario di N.S. delle Grazie, il vescovo Giovanni Paolo ha affidato alla Vergine il popolo diocesano colpito dalla pandemia
di Valeria Carta
È nella solennità dell’Annunciazione del Signore che il vescovo di Iglesias, Mons. Giovanni Paolo Zedda, ha deciso di recarsi al Santuario cittadino della Madonna delle Grazie, per supplicare la Vergine Maria in questo tempo di sofferenza e fatica.
“Stiamo vivendo una grave crisi a causa della epidemia virale che sta colpendo il mondo intero”. Con queste parole si apriva l’avviso che il vescovo ha diramato tra i sacerdoti e le comunità parrocchiali della diocesi per condividere l’appello urgente al quale richiamava tutti i fedeli. L’invito a “riunirci spiritualmente in preghiera” è arrivato nella quarta domenica di quaresima, quella che la Chiesa chiama in laetare o della gioia. “Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione”, anche la liturgia del giorno sembrava rimarcare l’annuncio imminente.
Una data non casuale quella del 25 marzo, giorno nel quale ricade l’anniversario del voto che il Capitolo della Cattedrale e la municipalità cittadina, congiuntamente, fecero nel 1735 dopo che il territorio del Sulcis fu liberato dalla piaga delle cavallette. Gli insetti molesti avevano messo in ginocchio la produzione agricola degli ultimi venti anni finché l’intervento divino non pose fine a questa grave calamità. Dopo 285 anni, la comunità si è ritrovata ancora ai piedi della Vergine delle Grazie e di San Giuseppe, per invocare protezione e salvezza in questo tempo di pandemia.
La celebrazione eucaristica è stata trasmessa in diretta facebook sulla pagina della Diocesi di Iglesias e condivisa sui siti del settimanale diocesano e della diocesi. I numeri testimoniano la grande adesione di una comunità che ha voluto stringersi attorno al suo patriarca e alla Vergine Maria.
La supplica alla Madonna, recitata dopo il Credo alla preghiera dei fedeli, ha condensato in poche parole, quelle giuste, tutte le richieste che da alcuni giorni albergano nel cuore di ognuno: “intercedi, insieme al tuo Sposo San Giuseppe, presso il tuo Figlio”.
Il pensiero è andato prima di tutto ai malati, agli operatori sanitari e alle loro famiglie. L’innegabile situazione di disagio che stiamo attraversando è stata affrontata dal vescovo con parole di grande speranza. Non è mancato l’invito a tutti i fedeli a “vivere ogni giorno con intensità”. La pandemia che crea tensione e angoscia non può vincere la carità che ognuno di noi deve continuare ad esercitare nei confronti dell’altro. “Chiediamoli di saper trasformare ogni sacrificio in opportunità di crescita” questa la chiave per vivere tempi così turbolenti.
In unione al monito del Pontefice, anche il vescovo ha esortato tutti a seguire le indicazioni delle autorità civili che collaborano per il bene comune. Le limitazioni, dolorose e gravi, non intaccano solo le attività accessorie della vita di ognuno ma tante di quelle attività lavorative alle quali è stata imposta la serrata. In un territorio già ampiamente martoriato dalla crisi economica e sociale il coronavirus impone un pesante rallentamento che il vescovo non ha tralasciato. Il suo pensiero è andato anche a tutti coloro che ancora non hanno smesso di soffrire per le difficoltà economiche, occupazionali e sociali.
Nella certezza che “dove due o tre sono riuniti nel mio nome” Cristo è in mezzo a loro, Mons. Zedda ha chiesto a tutti i sacerdoti di unirsi in preghiera alla stessa ora, facendo preannunciare il momento solenne dal suono congiunto delle campane. I limiti di spazio e tempo sono stati superati dalla preghiera che unisce e ci rende consapevoli del bisogno che abbiamo l’uno dell’altro, aiutandoci a riscoprire valori essenziali come la fratellanza e la solidarietà. La celebrazione eucaristica ha abbracciato una comunità di fedeli desiderosa di sentirsi unita nonostante la distanza fisica e bisognosa di quella consolazione che solo Cristo può dare.
Il momento di preghiera è terminato con l’accensione di un lume ai piedi della statua della Vergine. Questa luce, come la nube luminosa nel deserto, accompagnerà il popolo fino all’alba del nuovo giorno, quello in cui la fede ci impone di sperare. La luce arderà come segno della preghiera comunitaria che non cesserà finché “non verrà concessa la grazia tanto richiesta”.
Leggi il testo integrale dell’omelia pronunciata dal vescovo