Un canto per Maria

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La “cantzoni” per Maria, “Madre della Solitudine”, registrata negli anni ’60 da Delfo Loddo e forse legata a origini antiche

Di Roberto Pinna

Mama de sa Soliedari è una “cantzoni” che viene eseguita dai fedeli di Portoscuso durante la Settimana Santa. Delfo Loddo, assieme ai suoi amici Demetrio Sanna e al compianto Ennio Loddo, tra il 1962 e il 1963, incoraggiati dal viceparroco di allora, don Pietrino Loi, raccolse una serie di canti sardi a carattere religioso caduti in disuso verso la fine degli anni venti del secolo scorso. I tre, allora adolescenti, riuscirono a riunire un gruppo di anziane che nella loro memoria conservavano questi canti ed eseguirono alcune registrazioni su nastro, apprendendo loro stessi i canti con l’intonazione esatta.
Senza dubbio questa canzone era diffusa in tutto il Sulcis: chi scrive ha rintracciato una versione santadese di questo componimento nel libro “Raccontando Santadi” (Edizioni Documenta, 2019) curato da Valentina Secchi. Nel testo riportato dalla dottoressa Secchi, intitolato “Arregina de sa Solidari” si riscontrano alcuni versi identici come è identico l’argomento: parrebbe trattarsi di un racconto della Passione, osservato dal punto di vista della Madonna e del popolo. Potrebbe dunque trattarsi di un classico caso di trasmissione orale di uno stesso testo che inevitabilmente varia da luogo a luogo e addirittura da persona a persona. Tuttavia la coincidenza di alcuni versa e la presenza di scene differenti lascia ipotizzare che queste due versioni fossero parte di un componimento più ampio, forse un vero e proprio poema. Nel caso venissero trovati altri elementi che confermino questa ipotesi non esiteremo a pubblicarli!
Qui ci si limita a proporre il testo di Portoscuso che si è “cristallizzato” proprio grazie al preziosissimo lavoro svolto da Delfo Loddo e dei sui amici, trascritto seguendo i principali criteri ortografici attualmente in uso per la scrittura del sardo, provando a salvaguardare i tratti più salienti della parlata locale.
Il testo non necessita di particolari commenti: si nota immediatamente che si tratta di un componimento “alto” ed aulico, una testimonianza di abilità poetica e di fede, che qualora ce ne fosse bisogno, conferma quanto il sardo sia “lingua compiuta”.
Chi scrive non può fare a meno di menzionare le doti canore e l’abilità interpretativa di Delfo Loddo: con la sua voce melodiosa quanto potente, cantando in una tonalità grave, riesce a trasmettere a chiunque lo ascolti la drammaticità delle scene descritte dal componimento.


Mama de sa Soliedari

Deus ti sarvit Maria
Mama de sa soliedari
Cun sa bosta umilidari
Mi faciais cumpangìa
Nastra Sennora e sa ghia,
Sa ghia Maria, serbit a Deus
Bieis ‘te fillus malus chi seus
A Deus eus ingruxifissau
Ma de spinas coranau
Coronau dd’ant is giudeus
A una spinta chi dd’ant ghetau
Eest arrutu a faci in terra
Is sordaus de guerra
ddu portànt a son’e trumbita
Chi sa mama nd’ (b)essit in ci(r)ca
Totu sa noti cichendi
Ma citia e suspirendi
Is suspirus de su coru
Bistu m’eis cussu tesoru?
Chi (est) ìnnidu e no ddu biu
Bistu m’eis a fillu miu
in cust’arruga passai?
Nerit sennora mia,
ita bistiri portàt
Si fiat cavalieri (de) spada
Unu inoi nd’est passau
Si su bistiri chi portàt
Luxiat prus de su soli
Cussu est fillu miu Deus,
Cussu est fillu miu Sarbadori
A sa morti no mi ddu porteis
Cun sa columba acapiada.
Cussu est fillu miu Deus
Cussu est fillu miu Sarbadori
A sa morti no mi ddu porteis
Cun sa columba acapiada.
Deus ti sarvit Maria
Mama de sa soliedari.

© Riproduzione riservata
Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 13 del 9 aprile 2023

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