Il racconto delle storiche giornate del 1793 nel discorso tenuto da P. Simone Rainaldi nella chiesa di N.S. di Bonaria
di Padre Tarcisio Mascia
Era l’8 gennaio del 1793: una squadra navale comandata dall’ammiraglio francese Truguet lascia Ajaccio diretta contro Cagliari: dovrà attaccare la Sardegna. Ma Napoleone non ne fa parte e ne è addoloratissimo, perché i francesi non l’hanno voluto. Quindi nel gennaio di quell’anno la squadra navale si disponeva a bombardare Cagliari, quando fra le truppe da sbarco scoppiò un’insurrezione che lo costrinse a togliere l’assedio alla città e a reimbarcarle, ma decisivo fu anche l’intervento di numerosi volontari sardi, coadiuvati dai loro cani mastini.
Nel febbraio successivo si tentò un’altra spedizione contro l’isola della Maddalena, situata in una posizione chiave davanti alle Bocche di Bonifacio, anch’essa possedimento del re di Sardegna. Stavolta però è il tenente colonnello Napoleone Bonaparte a comandare i 350 uomini che compongono l’11° battaglione corso dell’unità da sbarco. Egli ha appena 24 anni e una grande ambizione: vuole coprirsi di gloria.
Nella notte tra il 19 e il 20 febbraio 1793 la piccola squadra leva le ancore da Bonifacio e all’alba del nuovo giorno le navi sono davanti all’isolotto di Santo Stefano, ma i venti sono contrari e la spedizione è costretta a invertire la rotta. Soltanto la corvetta sulla quale si trova Napoleone incrocia al largo, attendendo un tempo più propizio, che mai arrivò. Infatti il 25 febbraio di quell’anno, a seguito dell’ammutinamento della truppa, l’impresa fu abbandonata, nonostante il disappunto di Napoleone.
Uno storico ha scritto: “Pur riconducendo alle sue reali e limitate proporzioni questa modesta campagna militare, in cui la Francia non gettò certo il peso della sua potenza bellica, pur ammettendo fra le cause della sconfitta francese la scarsa preparazione, la deficiente conduzione, l’indisciplina delle truppe ed i violenti fortunali, pur riconoscendo che i miliziani nel fronteggiare lo sbarco a Quartu e il successivo inoltro del Francesi non si mostrarono all’altezza del loro compito (Loddo Canepa) non si deve tuttavia neanche sottovalutare l’apporto dato dalle truppe sarde e dai loro ufficiali alla difesa della propria isola. Vi erano stati splendidi episodi di eroismo e mirabili prove di ardimento a Quartu come nel Sulcis, a Cagliari come a La Maddalena. Un’ondata di entusiasmo percorse in quei giorni tutta la Sardegna… Dopo secoli di inerzia e di supina quiescenza, i Sardi ridiventavano finalmente consapevoli del proprio valore…” (N. Sanna, Il cammino dei Sardi, pp. 364-365)
È di quei giorni esaltanti anche il discorso di ringraziamento a Dio, tenuto da Padre Simon-Maria Reinaldi, ministro provinciale dei Cappuccini, nella chiesa dei Mercedari di Cagliari (oggi N. Signora di Bonaria) il 28 aprile 1793, “in occasione che da’ riconoscenti Cannonieri Sardi tributansi pubblici culti al nostro comun Protettore, e glorioso Martire Sant’EFFISIO (sic!), per la riportata vittoria de’ Sardi nel replicato attacco dato da’ Francesi alla nostra Cagliari.”
Il Predicatore cappuccino in questo discorso dà una sua lettura dei fatti accaduti di recente, dietro ai quali egli scorge la mano stessa di Dio e l’intercessione del santo Protettore e martire della città, Sant’Efisio. “Audivi orationem tuam et vidi lachrymas tuas” dice Dio al Popolo Sardo. Perciò il Signore ha ascoltato le preghiere dei Sardi e ha concesso loro la vittoria sui Francesi. “Questo è, o Signori, il religioso motivo, per cui i Cannonieri della Batteria detta di Sant’Agostino riconoscenti a sì gran benefizio, porgono in oggi i più vivi ringraziamenti all’Altissimo mirabile sempre in EFFISIO nostro Protettor amoroso.”
Il Predicatore sembra possedere una conoscenza dettagliata dei fatti accaduti: accenna infatti all’armata nemica, composta da più di sessanta navi, che spedì un’ambasceria “in mezzo alle svolazzanti bandiere de’ tre colori”. L’ambasceria fu sprezzantemente respinta e la vendetta ne fu la conseguenza. Il nemico allora “quante centinaia di bombe mandò contro la nostra Cagliari? Quante migliaja di palle bastevoli certamente a soqquadrarla, a distruggerla, ad incenerirla, a rovinarla?” E tutto ciò non avvenne per caso, perché fu lo stesso Iddio a infondere coraggio nei Comandanti e Subalterni che difesero la città: “Coraggio tanto più sorprendente, e commendevole, in quanto che la maggior parte d’essi erano del tutto inesperti; perché non addestrati in tempo al Cannone. Scuola necessarissima da frequentarsi in tempo di Pace per aver poi la Patria nelle sue Piazze d’Armi abili Cannonieri in tempo di Guerra.”
Se è vero che il Predicatore vede nell’esito felice della battaglia un beneficio del Cielo, egli vede anche i fatti bellici come una punizione dei cagliaritani per il male compiuto: “Quanti scandali, quante mormorazioni, quante oscenità, quante invidie, ed usure nel seno accolgonsi della nostra Cagliari? L’ingiustizia passeggia trionfante: perseguitata vedesi, ed abbattuta l’innocenza: verun rispetto al Sacerdozio. Feste non santificate, Conversazioni geniali, Furti, Odj, Adulterj, Omicidj, Spergiuri, tutta inondano l’Isola nostra. Le orazioni medesime, cui accompagnar dovea raccoglimento interiore, si fanno purtroppo con dissipazione di spirito, con divagamento di sguardi, con volontarie peccaminose distrazioni di mente: quelle Feste medesime, cui nella nostra Cagliari si concorre a folla, cangiate veggonsi in pretesti di divertimenti, ed intemperanze, e d’altre reità enormissime. La frequenza medesima delle Chiese, anche il tempo in cui stà esposto il SANTISSIMO SACRAMENTO, ovvero si celebra il tremendo Sagrifizio della Messa, serve solo per far pompa delle vanità più studiate. L’accostarsi ai Sagramenti senza preparazione, e senza frutto, l’assistere ai Divini Misterj in atteggiamento di scandalosa irriverenza, sono tutte azioni, le quali anziché muovere ai Divini Misterj sono tutte azioni, le quali ad ira lo muovono, a vendetta, a sdegno.” Dunque, dietro la guerra, il peccato, le trasgressioni morali, la violazione dei precetti della Chiesa, l’abbandono dei sacramenti, ecc. Un’interpretazione ricorrente ogni volta che si abbia a che fare con eventi tragici e dolorosi: una punizione dei peccati commessi.
Ma Iddio ascolta le preghiere dei suoi Santi, in particolare quelle di Efisio, “il nostro caro Effisio”. Perciò come Mosè egli può dirci: “Non temete, o Cagliaritani: la fierezza non vi spaventi dell’orgoglioso Nemico: non vi sorprenda l’orribil fragor de’ suoi cannoni, non v’atterrisca lo scoppio pericoloso delle sue Bombe, non vi disanimi il fischio spaventevole delle sue Palle, nò; quel Dio che v’ama cotanto, e protegge, pugna dall’alto per voi, ed invisibilmente combatte.” L’arruolamento di Dio o dei suoi Santi nella propria parte politica è una tentazione ricorrente.
Il discorso dell’illustre Predicatore continua inneggiando al Popolo Sardo, senza dimenticare di tessere le lodi del “graziosissimo” sovrano Vittorio Amedeo, verso il quale promette fedeltà (ma di lì a qualche mese la musica sarebbe cambiata decisamente). Infine, il lungo sermone del Predicatore termina con una commossa esortazione: “Cagliaritani amatissimi, amiam d’ora innanzi un Dio sì benefico: temiam d’ora innanzi un Dio sì benefico: non offendiam d’ora innanzi un Dio sì benefico: nelle sue gloriose virtudi il nostro Protettore EFFISIO d’ora innanzi imitiamo.”
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Laurent Truguet, originario di Tolone, nel 1790 era stato inviato a Brest per prendere il comando di una fregata destinata a una missione che gli eventi gli avrebbero impedito di effettuare. Infatti nel luglio 1792 gli fu assegnato il comando delle forze navali del Mediterraneo. In quello stesso anno fu incaricato di cooperare con la sua flotta alla conquista della Sardegna, appartenente a Vittorio Amedeo di Savoia, nemico della Francia.
P. Simon-Maria Reinaldi da Cagliari (1743-1802). Fu vicario provinciale, più volte guardiano, definitore e provinciale. Dotto e ottimo predicatore di missioni popolari, di panegirici e quaresime, a cominciare dalla Primaziale di Cagliari, dove predicò un quaresimale intero dinanzi alle Autorità Reali dell’Isola.