
Si è tenuto a Cagliari il 23° Convegno nazionale di Pastorale della salute, tra gli ospiti la giornalista Giovanna Botteri
di Annalisa Atzei
“Dall’odore al profumo. Il senso ritrovato per un superamento dello scarto”: è questo il titolo che ha accompagnato e guidato i lavori del 23° Convegno Nazionale di Pastorale della Salute, organizzato a Cagliari dal 9 al 12 maggio. Un vero e proprio percorso sensoriale che è proseguito quest’anno, dopo la pausa forzata a causa della pandemia, nel capoluogo sardo con protagonista il senso dell’olfatto. Dopo aver affrontato la vista, il tatto e il gusto, il cammino prosegue infatti con l’odorato, alla riscoperta del significato che i sensi possono offrire alla pastorale della salute, prima di lasciare definitivamente spazio al quinto senso, l’udito, protagonista della nuova edizione del Convegno che si terrà a Bari, come annunciato nei giorni scorsi a Cagliari. Quest’anno l’immagine dell’olfatto è stata declinata in una serie di approfondimenti attraverso i quali poter immaginare quel passaggio ideale in cui odori e profumi si fondono, attraverso una transizione che dall’odore sgradevole della malattia arriva al profumo che le buone azioni della cura emanano. Il Convegno, promosso dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI, ha promosso i temi della cura e del benessere per tutti, attraverso la cura migliore per i malati e la ricerca costante del bene; tuttavia queste azioni si scontrano spesso con la realtà di molte persone, povere, malate e sofferenti, che non sempre suscitano negli altri il desiderio di avvicinarle e aiutarle, anche al di là della malattia. Questa distanza genera quello “scarto” che rende diseguale la società a cui papa Francesco richiama costantemente la nostra attenzione per costruire una vera società civile, in cui nessuno è lasciato ai margini. Analizzare e riuscire a superare questo limite, attraverso il miglioramento delle competenze umane e professionali, ma anche con la forza che lo Spirito infonde nell’animo umano, è tra i punti essenziali approfonditi durante il Convegno. La ricerca costante del bene, della cura migliore possibile, della salvezza di tutti sono infatti al centro di ogni azione pastorale nel mondo della salute.
In occasione della presentazione del Convegno presso la sala Benedetto XVI del Seminario arcivescovile lo scorso 6 maggio, monsignor Baturi aveva espresso la propria gratitudine per aver scelto la città di Cagliari, “città del sole e degli odori”, invitando tutti a riconoscere il “buon profumo della cura”, quello di Cristo e della carità, che non crea distanze ma ci aiuta a osservare in profondità quanto accade intorno a noi. Tra gli intervenuti, anche don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute e Gianni Cervellera, coordinatore scientifico del Convegno. “Lo scarto si supera con la prossimità – ha detto don Angelelli – perché per un malato anche la propria abitazione, quando non vi sono il giusto supporto e la giusta cura, può diventare luogo di isolamento”. Il direttore ha poi ricordato come questa edizione del Convegno abbia un significato ancora più particolare quest’anno in occasione della 30ma Giornata Mondiale del Malato istituita da Papa Giovanni Paolo II nel 1992.
Il programma del Convegno è stato articolato in diverse sessioni tematiche, iniziate in modalità online lo scorso 2 maggio, mentre dal 9 al 12 maggio è stato ospitato nella suggestiva location del Convento di San Giuseppe con le sessioni plenarie in presenza. Tra i relatori, spiccano alcuni nomi importanti anche per l’attualità della loro presenza. Primo fra tutti l’arcivescovo Maggiore di Kiev, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuck accompagnato dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente Nazionale della CEI, l’arcivescovo di Cagliari, monsignor Giuseppe Baturi, insieme a monsignor Carlo Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia e presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute.
Commovente e toccanti le parole dell’arcivescovo di Kiev, a sua volta commosso, che con un italiano perfetto ha raccontato in videocollegamento la sofferenza dell’intera comunità ucraina e in particolare della sua diocesi. “Mai avrei immaginato di essere Capo della Chiesa in un contesto così drammatico e crudele come una guerra”, ha detto l’arcivescovo greco cattolico della capitale ucraina iniziando il suo intervento, “ricordo ancora il 24 febbraio, quando la città si è svegliata con il rumore degli elicotteri russi, proprio attorno alla cattedrale lanciavano missili su una città innocente e la gente iniziava a scappare nei rifugi”. Ha poi proseguito la sua testimonianza raccontando come la città si è immediatamente adoperata per aiutare i più deboli e i più fragili e salvare quante più vite umane: “il dramma della guerra rivela chi è veramente ognuno di noi, tutte le maschere cascano in un momento”. Difficile trattenere le lacrime al ricordo delle tante vittime e dei cadaveri, consapevole che anche lui avrebbe potuto essere tra quei corpi martoriati dai proiettili, “ringrazio il Signore di essere in vita e potervi raccontare tutto questo” ha proseguito ringraziando tutti gli italiani che in queste settimane stanno ospitando e aiutando i profughi ucraini.
Tra i laici ospiti del Convegno, la giornalista della RAI Giovanna Botteri che nel suo intervento ha ripercorso gli ultimi due anni segnati dalla pandemia vissuti in parte come inviata in Cina. “Niente è come prima, ho pensato che alla fine della pandemia ne saremmo usciti migliori e avremmo avuto modo di recuperare il vero senso della vita – ha detto la giornalista raccontando la sua esperienza – superando quello stile di benessere e consumismo che negli ultimi dieci anni ha caratterizzato la nostra esistenza in cui l’apparire sembra contare più dell’essere”. Una pandemia che ha minato il fisico, ma anche lo spirito, sfociando in un aumento della violenza domestica e un aggravarsi della crisi sociale: “mi ha colpito vedere che questo cambiamento in positivo non è avvenuto – ha proseguito la giornalista – siamo diversi ma peggiori, più incattiviti, con una guerra generazionale in corso dove i ragazzi si sentono in credito perché sono stati privati di due anni della loro vita, diventando più rabbiosi e sfrontati”.

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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 18 del 22 maggio 2022