Alla scoperta del nuovo Messale Romano in italiano, nelle parrocchie entro la fine di settembre e obbligatorio da Pasqua 2021
di Carlo Cani
Il nuovo Messale Romano in italiano arriverà nelle parrocchie entro la fine di settembre. È la terza edizione in italiano del Messale di Paolo VI, figlio del Concilio e della sua riforma liturgica, ed è la traduzione nella nostra lingua della terza edizione tipica latina “varata” dalla Santa Sede nel 2002. Ci sono voluti quasi diciotto anni di impegno da parte della Cei per arrivare alla “trasposizione” italiana, la cui stesura finale è stata approvata dall’Assemblea generale dei vescovi nel novembre 2018. Il rinnovato libro liturgico potrà essere usato fin da subito ma diventerà obbligatorio dal giorno di Pasqua, ossia dal 4 aprile 2021. La terza edizione in italiano del Messale Romano di san Paolo VI è un’opportunità unica per aiutare il popolo di Dio a entrare sempre più nel mistero d’amore di Dio. Il volume liturgico presenta la ricca tradizione della Chiesa che prega e fa pregare. È insieme preghiera e modello di preghiera. Se pensiamo al Messale come a una semplice partitura da eseguire, non ne comprenderemo la ricchezza. Ridurre un impegno così complesso a due o tre ritocchi significa non comprenderne la portata. Papa Francesco afferma: “la liturgia è vita e non un’idea da capire”.
Tutta la comunità cristiana è chiamata ad acquisire una nuova mentalità. Bisogna accostarsi a questo libro liturgico come risorsa per la vita spirituale e missionaria della comunità cristiana, per assaporare la bellezza semplice dell’azione liturgica. La vita di ogni giorno è portata sull’altare perché sia trasformata dall’amore di Dio e perché in quegli eventi quotidiani brilli sempre la sua presenza provvidenziale. Si celebra la vita, quale incontro tra il Dio della salvezza e ciascun credente. Alla scuola del Messale impariamo la comunione e l’essere comunità in cammino. L’Eucaristia è una vera e propria scuola di vita e come tale ha un metodo, un programma e dei partecipanti. Questi ultimi sono la nostra gente, quella che frequenta la parrocchia, i movimenti, le comunità dei consacrati. Sono i giovani che vivono la maggior parte del tempo sui social; sono i piccoli e gli adolescenti che partecipano al catechismo; sono gli anziani che trovano nella parrocchia un luogo familiare. Tutti devono interiorizzare la Parola ed essere aiutati a comprendere le azioni liturgiche. Pensiamo alla gestualità liturgica che non è sempre compresa dalla maggioranza delle persone. Pensiamo alle omelie che spesso sono poco aderenti al Vangelo e alla realtà in cui viviamo. Il Messale diventa il libro per la formazione del popolo di Dio, perché ha un metodo: partecipazione, interiorizzazione e testimonianza.
Scrivono i Vescovi nel messaggio alle comunità cristiane: “Nel riconsegnare il Messale, vogliamo invitare tutte le comunità a riscoprire nella Liturgia la «prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano» (Sacrosanctum concilium, 14). La partecipazione piena, consapevole, attiva e fruttuosa alla celebrazione dell’Eucaristia è garanzia per una formazione integrale della personalità cristiana… riscopriamo insieme la bellezza e la forza del celebrare cristiano, impariamo il suo linguaggio – gesti e parole – senza appiattirlo importando con superficialità i linguaggi del mondo. Lasciamoci plasmare dai gesti e dai “santi segni” della celebrazione, nutriamoci con la lectio dei testi del Messale. Ci esorta papa Francesco: «Sappiamo che non basta cambiare i libri liturgici per migliorare la qualità della Liturgia. Fare solo questo sarebbe un inganno. Perché la vita sia veramente una lode gradita a Dio, occorre infatti cambiare il cuore. A questa conversione è orientata la celebrazione cristiana, che è incontro di vita col “Dio dei viventi” (Mt 22,32)» (Ai partecipanti all’assemblea plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei sacramenti 14 febbraio 2019). E ancora: “Ogni celebrazione liturgica è indisponibile a stravaganze di arbitrarie sensibilità o a eccentriche manifestazioni di protagonismo, ma non è nemmeno prigioniera di sterili rubricismi e di vuote esteriorità. La norma che il Messale ci offre è garanzia e sostegno dell’arte del celebrare: essa è precisa come le regole dell’armonia ed è libera come la musica. Il libro liturgico ci offre nel programma rituale la partitura: l’azione celebrativa ci dona l’originalità di ogni esecuzione”.
Il testo presenta alcune novità. Importante è l’uso della recente traduzione della Sacra Scrittura (del 2008), come nei Lezionari, per le antifone e gli altri testi biblici. Interessante anche la revisione delle collette domenicali ABC, l’inserimento di alcuni nuovi Santi nel calendario romano generale. Per ogni giorno della Quaresima (feriale e festivo) si troverà la proposta dell’Orazione di benedizione sul popolo. Ci sono, inoltre, nuovi prefazi. Ci sono altri nuovi testi per le Messe della Madonna e dei Santi, della Divina Misericordia, “per chiedere la castità” e sono stati riordinati quelli ‘ad diversa’.
Interessano particolarmente i nostri fedeli alcune modifiche nelle parole e nei gesti:
- il Confesso (con l’aggiunta di “sorelle” per due volte): “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli e sorelle, di pregare per me il Signore Dio nostro”.
- il Kyrie, eleison: come risposta normale al posto del Signore, pietà sia per la terza forma dell’atto penitenziale sia per le Invocazioni a Cristo Signore.
- l’inizio del Gloria: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini, amati dal Signore”, secondo il testo biblico di Lc 2, 14.
- il Padre nostro (con 2 varianti nella seconda parte, secondo il testo evangelico di Mt 6, 12-13): “Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male”.
- l’invito alla comunione variato nella sua introduzione e così formulato: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”; a cui segue la solita tradizionale e nota risposta: “O Signore, non sono degno…”
- l’alzarsi in piedi per la preghiera, al termine della Presentazione dei doni dopo il “Pregate fratelli…” e prima dell’Orazione sulle
Scrivono i nostri Vescovi nelle Premesse CEI al “nuovo” Messale”, citando gli ultimi due Papi Benedetto e Francesco: “I pastori si premurino di proporre il Messale come il punto di riferimento ordinario e normativo della celebrazione eucaristica: «La migliore catechesi sull’Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata». Per sua natura infatti la liturgia «porta a vivere un’esperienza iniziatica, ossia trasformativa del modo di pensare e di comportarsi, e non ad arricchire il proprio bagaglio di idee su Dio. Il culto liturgico non è anzitutto una dottrina da comprendere, o un rito da compiere; è naturalmente anche questo ma in un’altra maniera, è essenzialmente diverso: è una sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede».
Una liturgia più celebrata. Quando si parla di un nuovo Messale, si pensa alle possibili novità che potrebbero arricchire il libro della celebrazione eucaristica della comunità. Si desiderano nuovi testi di preghiera, magari più adatti al linguaggio del nostro tempo. Si ipotizzano nuovi gesti e nuovi simboli… Se qualcuno si attende tutto questo dal nuovo Messale, sarà inevitabilmente deluso. Perché la preghiera della Chiesa è molto più saggia delle nostre insoddisfazioni, che rivelano la nostra fatica a entrare nel linguaggio del rito. È spontaneo chiederci se in questi 35 anni che ci separano dall’ultima edizione siamo stati capaci di valorizzare tutto ciò che il Messale proponeva: la tentazione per colui che presiede la celebrazione eucaristica di adagiarsi ai formulari più noti, più facili da reperire, a volte più corti, è all’origine di una ripetitività che non è voluta dallo stesso Messale. A nulla vale un messale più ricco, se l’indolenza di chi è chiamato a scegliere le formule con cui pregare e far pregare l’assemblea, riduce tale ricchezza a un prontuario minimo da recitare a memoria!
La nuova edizione del Messale non sarà altro che una riconsegna del Messale di san Paolo VI e costituisce un invito a riscoprire le linee di fondo e le ricchezze di tale Messale. Anzitutto l’Ordinamento generale del Messale Romano a inizio del Messale, che costituisce la «magna charta» per interpretare il rito della Messa nel suo progetto di fondo e nel suo programma rituale.
In secondo luogo, l’ordo missae, cioè il rituale della Messa con le risposte dei fedeli e la scansione delle diverse sequenze della Messa. Esse sono state semplificate e riordinate, in modo da lasciar trasparire il fatto che è tutta l’assemblea a celebrare. Nel nuovo rito della Messa spicca lo spazio maggiore dedicato alla celebrazione della parola di Dio: qui si esce dal libro del Messale per andare al Lezionario, che rappresenta un tesoro quanto mai ricco al quale attingere. Altre parti, infine, sono state rivedute e considerevolmente modificate: il temporale dei Tempi forti, il Santorale con l’aggiunta delle nuove memorie facoltative e obbligatorie, il Comune dei santi, le Messe rituali e le Messe votive e per varie necessità, che è opportuno rivisitare, per differenziare la preghiera della messa feriale della comunità, là dove non vi sono memorie obbligatorie. Tra le novità di questo Messale segnaliamo anzitutto l’arricchimento della preghiera con nuove formule: vengono subito in mente le nuove collette alternative per le domeniche e le solennità, ispirate alle letture bibliche del giorno; ad esse si aggiungono le 34 nuove collette alternative per le ferie del tempo ordinario, le collette alternative per il comune della Beata Vergine, le nuove orazioni alternative sulle offerte e dopo la comunione destinate alle ferie di Avvento, Natale, Pasqua. Ad esse si aggiungono 17 prefazi nuovi e nuovi testi per la benedizione solenne alla fine della Messa. Accanto a queste novità, ricordiamo le nuove antifone alternative alla comunione, desunte dal Vangelo per le domeniche, le solennità e le ferie dei tempi forti dei tre anni.
Altre novità sono costituite dall’aggiunta di nuove formule per il saluto e l’atto penitenziale, per il «Pregate fratelli» e per il congedo: l’afflato biblico di queste monizioni rivolte all’assemblea invitano a variare tra le possibilità previste dal Messale, più che inventarne di nuove. Tra i nuovi formulari citiamo ancora quelli alternativi per il rito di benedizione e di aspersione domenicale dell’acqua; quelli per le quattro Tempora, sul modello della preghiera dei fedeli. Infine vengono dedicate, in Appendice, ben 80 pagine alle melodie dei canti dell’Ordinario della messa e del proprio (Venerdì santo, Veglia pasquale, Exsultet): alcune sono melodie di nuova composizione, altre adattano il gregoriano tradizionale ai testi italiani.
La riconsiderazione dell’elemento musicale e del gregoriano, con l’inserimento delle notazioni melodiche nel rito e non in appendice è segno di una attenzione alle esigenze di una liturgia meno parlata e più «celebrata». L’invito a cantare le parti rituali della Messa corrisponde ad una nuova fase della recezione della riforma liturgica, più attenta a fare della Messa una «celebrazione», piuttosto che un lungo discorso fatto di tante parole. Con questo spirito, sono state messe in risalto – opportunamente riviste, dove era il caso – le melodie già presenti nel Messale del 1983. Tutto questo vale, ovviamente, solo a due condizioni: che il ministro ordinato che presiede (Vescovo o presbitero) sappia cantare sufficientemente bene, e che l’assemblea sia educata, perché sia ben disposta a pregare in questo modo. Il riferimento ultimo dei testi e dei gesti proposti dal Messale è sempre l’intera assemblea celebrante, chiamata a riconoscere in questo libro uno strumento al servizio del dono di celebrare. “Il Messale si presenta proprio come uno degli «strumenti» a disposizione per vivere la celebrazione eucaristica come un dono da ricevere e condividere: il dono di celebrare e di metterci alla presenza di Dio; il dono di radunarci in assemblea e di diventare comunità come Lui ci vuole; il dono di interrompere il «fare» delle mille attività pastorali per «stare» davanti al Signore; il dono di poter portare la propria vita alla sorgente della Parola, della presenza, dell’amore del Signore; il dono di poter ritrovare ciò che sta all’inizio e al termine della nostra fede e del nostro «agire», vale a dire l’incontro con il Signore che salva nella comunione dei fedeli. Per questi motivi, è importante conoscerne le novità e apprezzarne insieme i contenuti” (Paolo Tomatis).