“Non può esistere sinodalità senza lo Spirito”

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La Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale, che si pone in ascolto dello Spirito, dei poveri e della terra

di Carlo Cani

Papa Francesco nell’udienza concessa all’Azione Cattolica Italiana il 30 aprile u.s. a proposito della sinodalità ha affermato: “Non può esistere sinodalità senza lo Spirito, e non esiste lo Spirito senza la preghiera. Questo è molto importante”. Secondo papa Bergoglio, “la Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale, che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra”. Un richiamo forte e puntuale mentre le chiese che sono in Italia si preparano ad avviare il cammino sinodale. La sinodalità come stile da incarnare è un tema caro al Pontefice, un tratto caratteristico del suo magistero e del suo ministero. C’è un interrogativo su come maturare questo stile a tutti i livelli all’insegna del “dialogo, discussione, ricerche, ma con lo Spirito Santo” sottolinea Papa Bergoglio. Fare sinodo “non è guardarsi allo specchio, neppure guardare la diocesi o la Conferenza episcopale, no, non è questo. Fare sinodo è invece camminare insieme dietro al Signore e verso la gente, sotto la guida dello Spirito Santo… E dobbiamo essere precisi, quando parliamo di sinodalità, di cammino sinodale, di esperienza sinodale. Non è un parlamento, la sinodalità non è fare il parlamento. La sinodalità non è la sola discussione dei problemi, di diverse cose che ci sono nella società… È oltre. La sinodalità non è cercare una maggioranza, un accordo sopra soluzioni pastorali che dobbiamo fare. Solo questo non è sinodalità; questo è un bel “parlamento cattolico”, va bene, ma non è sinodalità. Perché manca lo Spirito. Quello che fa che la discussione, il “parlamento”, la ricerca delle cose diventino sinodalità è la presenza dello Spirito: la preghiera, il silenzio, il discernimento di tutto quello che noi condividiamo”.  Elemento determinante e qualificante il cammino sinodale è la riscoperta della dimensione missionaria che non si colloca “nella logica della conquista ma in quella del dono”. E “la gratuità, frutto maturo del dono di sé”, chiede di dedicarsi alle “comunità locali, assumendo la responsabilità dell’annuncio”, e domanda di ascoltare i territori, “sentendone i bisogni, intrecciando relazioni fraterne, con umiltà e mitezza che sono le chiavi per vivere il servizio, non per occupare spazi ma per avviare processi”. Il lavoro che impegna le chiese che sono in Italia è sostanziato di pazienza, di ascolto attento e premuroso della gente a partire dalle piccole comunità, dalle piccole parrocchie, “che esca la saggezza del popolo di Dio” si augura Francesco!
Il Card. Bassetti nel salutare il papa aprendo i lavori della 74° Conferenza episcopale ha affermato: “Siamo convinti che se uno non ha coraggio, può essere che gli venga se è mosso da un desiderio più grande delle proprie paure.  L’importante è avere sogni e desideri più grandi delle paure”. Dobbiamo liberarci dalle nostre paure, dai nostri timori e aprirci una strada praticabile. Una sfida che coinvolge tutto il popolo di Dio in una sapiente ricerca del bene, del bello, di ciò che lo Spirito dice alle Chiese (Ap.). Si tratta di riscoprire una Chiesa che non ha paura di sporcarsi la veste per condividere la fatica degli uomini. A questo proposito è interessante rileggere un testo di san Paolo VI quand’era arcivescovo di Milano. Nella lettera per la Quaresima del 1962 intitolata “Pensiamo al Concilio” scrive: “La Chiesa cercherà di farsi sorella e madre degli uomini; cercherà di essere povera, semplice, umile, amabile nel suo linguaggio e nel suo costume. Per questo cercherà di farsi comprendere e di dare agli uomini di oggi facoltà di ascoltarla e di parlarle con facile e usato linguaggio. Per questo ripeterà al mondo le sue sapienti parole di dignità umana, di lealtà, di libertà, d’amore, di serietà morale, di coraggio e di sacrificio. Per questo, come si diceva, vedrà di aggiornarsi spogliandosi, se occorre, di qualche vecchio mantello regale rimasto sulle sue spalle sovrane per rivestirsi di più semplici forme reclamate dal gusto moderno”. Un testo profetico che pone in evidenza l’urgenza del discernimento nella logica dell’incontro. Rivolgendosi ai Vescovi italiani Papa Francesco dice: “Vi raccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialogo e di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. Molte volte l’incontro ti trova coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo, né ignorarlo, ma accettarlo”. “Accettare di sopportare il conflitto, di risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo” (EG, 227). E ancora: “Ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere. Ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti”.