CTO, salvo il Punto nascita, dubbi sui pazienti Covid

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Il piano regionale per fronteggiare l’emergenza Coronavirus evidenzia le difficoltà strutturali della rete sanitaria della Sardegna e riaccende vecchi campanilismi

di Giampaolo Atzei

Sono giorni difficili per la sanità in Sardegna ed in particolare per le relazioni tra amministratori locali e la Regione. Difficoltà comunicative in un clima esasperato dalle misure restrittive adottate per bloccare la pandemia da Coronavirus, a cui si aggiunge l’emergere di una lunga serie di criticità che hanno fatto della nostra isola un caso nazionale. Difatti, con speciale evidenza nel focolaio epidemico di Sassari, larga parte dei contagi nella regione sono originati all’interno delle strutture ospedaliere: tra Sassari e Olbia il 90% dei positivi al Covid-19 si trova tra il personale sanitario, in tutta la Sardegna questa percentuale scende al 50%, numeri davvero terrificanti se si pensa che la media nazionale è appena dell’8% e quella cinese del 4%. È del tutto evidente che c’è qualcosa che non torna, come denunciano gli stessi operatori. Medici e infermieri segnalano la carenza di dispositivi di protezione, si lavora in piena emergenza, in un contesto regionale che si appresta alla prossima riforma sanitaria. Politicamente, la febbre è altissima, al punto che parlamentari e consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle hanno chiesto le dimissioni dell’assessore regionale alla sanità Mario Nieddu e la nomina di un commissario straordinario per l’emergenza in Sardegna.
Nel nostro territorio, al momento in cui scriviamo, i casi positivi al Covid-19 si contano sulle dita di una mano. Più che l’emergenza in corso, nei giorni scorsi ha acceso gli animi la polemica su un passaggio del “Piano strategico di attivazione progressiva di strutture di area critica nella Regione Sardegna per l’emergenza Covid-19” divulgato dal consigliere regionale Fabio Usai. Il documento, allegato alla delibera della giunta regionale dell’11 marzo, è però stato denunciato ben dieci giorni dopo, per la presenza della disposizione secondo cui “il Punto Nascita del PO CTO ed il personale in servizio presso tale struttura sarà temporaneamente trasferito presso l’Ospedale Brotzu”. Si tratta di una scelta legata al documento strategico che, di fronte alla pandemia in corso, riorganizza la sanità d’emergenza in Sardegna. Secondo il piano, la Sardegna verrebbe divisa in due macro aree di competenza, Nord e Sud, e sarebbe articolato in fasi successive che si attiveranno a seconda della necessità. Nella prima fase, attualmente operativa, sono 20 i posti letto dedicati ai pazienti Covid, distribuiti tra Cagliari, Sassari e Nuoro. Nella seconda fase sarebbe previsto un incremento dei posti letto di 224 unità, per potenziare la disponibilità nei reparti di terapia intensiva, pneumologia e infettivi, di cui 33 al CTO di Iglesias, mentre il Sirai di Carbonia sarebbe tra le strutture di supporto per la cura ai pazienti non affetti dal coronavirus. Nel mezzo di questa riorganizzazione stava la decisione di trasferire “temporaneamente” al Brotzu il punto nascita di Iglesias.
Nella giornata di sabato, tra dirette facebook di sindaci e politici, grande eccitazione di popolo sui social, è infine uscita una lettera sottoscritta dai sindaci del Sulcis Iglesiente dove si criticava la scelta della Regione sul punto nascita, ma soprattutto si contestava la scelta del CTO quale struttura ospedaliera di riferimento per i pazienti Covid, invece di destinare a tale scopo la struttura del Santa Barbara, come richiesto da tempo dall’amministrazione comunale di Iglesias. Lunedì, una nuova nota stampa del Comune iglesiente, comunicava l’intervento risolutore del consigliere regionale Giorgio Oppi, per il cui tramite “si è avuta conferma del fatto che non si procederà al trasferimento del Punto Nascite dal CTO di Iglesias e che, solo come ultima ipotesi e nel caso di emergenza, si individuerà ad Iglesias la struttura di riferimento per il trattamento dell’infezione Covid-19”.
Rientrata la polemica, con l’annuncio che in luogo del CTO si preferisce il Santa Barbara come sede Covid per la fase due dell’emergenza, rimane sul tavolo l’amarezza di un confronto tra istituzioni che ha sofferto, come bene si è sottolineato anche a livello nazionale, l’eccessiva emotività di un dialogo a colpi di video su facebook, post scritti d’impeto, comunicazioni da parte di pubblici amministratori trasmesse su profili privati e non per mezzi istituzionali. Il tutto spesso condito da modi e lessico poco adatti al ruolo pubblico.
Fatalmente, in questo corto circuito, hanno ripreso vigore inutili e fastidiosi campanilismi. Mentre il documento dei sindaci richiamava all’unità per la difesa del CTO e della salute di pazienti e operatori sanitari, da parte di alcuni ha prevalso il tema, conseguente alla scelta della sede del presidio, del trasferimento del Punto Nascita, chiedendo che tornasse a Carbonia invece che andare al Brotzu, riaccendendo vecchie polemiche e dimostrando una volta ancora che l’unità del territorio – e dei suoi amministratori – va costruita, specialmente in questi frangenti complessi, e non solo annunciata.


Scarica e leggi i documenti della Regione e dei Sindaci del Sulcis Iglesiente