A passeggio per le piazze della città antica

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Luoghi della memoria. Passeggiata tra le vie del centro storico di Iglesias, edifici e monumenti segni di una storia secolare

di Clara Del Valle 

Foto: Efisio Vacca

“La piazza sulla quale Mamone dominava era un incrocio centrale di strade dal suolo rivestito di ciottoli di fiume (…) La ‘plaza’ (…) si chiamava ‘plaza de Villa’ ma si usava a chiamarla col nome generico di ‘plaza’. Non si sa se ciò fosse per amore di brevità oppure perché era il punto più importante della città. Dalla ‘plaza’ si dipartivano sette strade che conducevano, ognuna, a una delle sette porte di Villa di Chiesa. Era appunto la piazza sulla quale, in mezzo alla fontana, si ergeva quello strano idolo rosso”. Era così che Grazia Sanna Serra dipingeva quella che ora è conosciuta come Piazza Lamarmora a Iglesias, nel suo romanzo “I sudditi del dio rosso”, quel dio rosso che altro non è che la figura che svetta in cima alla fontana centrale della piazza. Il romanzo, ambientato nell’Ottocento, ci fa capire quanto all’epoca fosse importante, al centro della vita cittadina come lo è anche ora.

La “fontana” di cui parliamo altro non è che una cisterna. Fontana è il termine più generico che si utilizzava un tempo per indicare un luogo da cui si attinge l’acqua, e proprio questo era il compito a cui assolveva il pozzo di piazza Lamarmora. Una piazza che, ora dedicata ad Alberto Ferrero, conte della Marmora, generale e politico piemontese, appassionato e studioso della Sardegna, un tempo era invece piazza San Nicolò: questo perché vi sorgeva una chiesa dedicata al santo officiata fino a metà dell’Ottocento, poi sconsacrata e demolita. L’allora vescovo Montixi ne vendette i locali nel 1855. Poco dopo, nel 1872 fu smantellata anche la fontana, il cui compito fu sostituito per lungo tempo da rubinetti, i cosiddetti “griffoneddus” che furono sistemati in diversi punti strategici della città. Solo nel 1990 l’amministrazione comunale decise di ripristinare la fontana, che fu rimessa al suo posto il 22 dicembre del 1991, quando la città era sotto la guida del sindaco Bruno Pissard. E “su Maimoni?” Il gruppo scultoreo in cima alla struttura non venne demolito durante l’assenza della fontana, ma passò di mano in mano alloggiando in diversi giardini della città. Fu restaurato prima del ripristino, e diverse sono le teorie su cosa rappresenterebbe. Quella più gettonata sembra essere quella del dio pagano dell’acqua. Sullo sfondo della fontana, colpisce la palazzina mitteleuropea dell’Offelleria Lamarmora, che è stata dichiarata bene culturale nel 2008 e ha subìto il ripristino delle vecchie pubblicità. L’offelleria deve il suo nome all’offella, pasticcino piemontese: nata quindi probabilmente quando le personalità piemontesi, soprattutto per le miniere, arrivarono a Iglesias tra Ottocento e Novecento.

Attraversando l’animata via Sarcidano si arriva a un altro slargo, quello di piazza Pichi. È erroneamente conosciuta da molti come piazza Electra per il teatro – nato come cinema – che presenzia la piazza fin dagli anni Venti del Novecento, voluto da Pietro Murroni, proprietario della farmacia che si trovava proprio davanti, di cui ancora si può ammirare l’insegna. L’allora cinema Electra ospitava ben 650 posti, comprendeva anche un tetto apribile in pochi minuti per poter ammirare gli spettacoli anche sotto il cielo estivo. Dopo varie chiusure e restauri, è attualmente utilizzato come teatro con una capienza di poco meno di duecento posti. Il Giuseppe Pichi a cui è dedicata la piazza era uno dei pilastri dell’organizzazione socialista nell’iglesiente dei primi del Novecento. Pochi sanno però che era anche veterinario comunale, nominato come tale nel 1903.

Quella che conosciamo come piazza Municipio si è realizzata invece nel corso dei secoli: la chiesa di Santa Chiara, divenuta cattedrale nel 1503, fa la sua comparsa come piccola chiesa parrocchiale alla fine del Duecento. Il palazzo vescovile invece viene realizzato nel Settecento dopo che, a seguito dell’unione temporanea tra la diocesi di Iglesias e quella di Cagliari, Iglesias riprende la piena autonomia e diviene necessaria la costruzione di una sede per le attività del vescovo. I rifacimenti ottocenteschi hanno reso il palazzo come lo vediamo oggi. La costruzione del Municipio – che ora ha perso il suo uso originario mantenendo la sede del consiglio comunale – risale al 1874. Chiude il perimetro della piazza il palazzo risalente al Cinquecento appartenente alla famiglia spagnola dei Salazar.

 

Piazza Sella e Piazza Oberdan, infine, sono le più recenti, e la prima soprattutto rappresenta il luogo di incontro per gli Iglesienti da diverse generazioni. Quello dove si trovano ora era, a metà dell’Ottocento, un unico grande spazio fuori le antiche mura. È attorno al monumento di Quintino Sella che la piazza inizia a svilupparsi. Inaugurato nel giugno del 1885 e realizzato da Giuseppe Sartorio, porta il grande scultore piemontese ad operare in Sardegna, con varie botteghe sparse nell’isola, nei decenni successivi. Quando l’amministrazione comunale di Iglesias seppe della morte di Sella nel 1884, fu spontaneo pensare a una piazza e ad un monumento a lui dedicati, perché “propugnatore dell’industria mineraria e della scuola dei capi minatori in Iglesias”, come dice, tra le altre cose, la targa del monumento ormai poco leggibile. Nel gruppo scultoreo è proprio un minatore a incidere l’ultima lettera sotto al busto di Sella, quasi a voler sottolineare la riconoscenza da parte dei lavoratori di miniera. Piazza Oberdan – dedicata a Guglielmo, patriota e irredentista italiano – forse più defilata rispetto alla vicina piazza Sella, conserva però un’opera di uguale importanza. Il monumento ai caduti di Francesco Ciusa è un’opera maestosa del 1928: dai corpi intrecciati si avverte la sofferenza che la guerra ha lasciato. Anche troppo, a giudicare dall’amministrazione dell’epoca, che costrinse lo scultore nuorese ad aggiungere una vittoria alata. Lo fece, ma decise di disconoscere l’opera.

Si potrebbe parlare di tante altre piazze del centro della città: piazza Manzoni, su cui si affaccia la chiesa della Madonna delle Grazie, piazza San Francesco, con l’omonima chiesa, o piazza Martini, piccolo slargo tra le vie Martini e Azuni, le vie, da secoli, “del commercio”. Sono state illustrate solo le più caratteristiche, quelle nelle quali gli iglesienti si sono ritrovati a passeggiare, forse anche inconsci del valore storico che li circondava.

 

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