
Dal recupero di una vecchia pellicola scaturiscono i ricordi lontani della fondazione della parrocchia di San Giuseppe Artigiano a Iglesias
di Francesca Contini
È cosa assai frequente e comune a molti di noi mancare, alle volte, della frequentazione e conoscenza dei nostri progenitori; quando ciò avviene è come se una “zona d’ombra”, un vuoto, una lacuna, non solo di saperi ma anche di affetti, permanga del nostro passato ad incidere il nostro presente: in fin dei conti, in misura più o meno importante, ognuno di noi è ciò che altri sono stati prima di noi.
Così è stato per me ed i miei fratelli a riguardo del nostro nonno paterno; il vuoto di presenza è stato in parte mitigato da testimonianze e soprattutto scritti e documenti filmati che ci hanno reso possibile aprire una finestra temporale di conoscenza su fatti, situazioni, vicende per noi lontane nel tempo e perciò rimaste per molti anni a noi sconosciute e nell’ombra: abbiamo pensato che condividerle e renderne partecipi i più potrebbe costituire un bel momento di gioia comune.
Scavando come in un archivio, i documenti ci hanno riportato, nello specifico, alla situazione socio economica della città di Iglesias negli anni compresi tra il 1964 e il 1966, e particolarmente agli eventi che portarono alla istituzione della parrocchia di San Giuseppe Artigiano nel quartiere periferico di Campo Romano.
Nel 1964 il giovane sassarese Enea Selis veniva nominato vescovo ausiliare della diocesi di Iglesias, con ordinazione episcopale poi celebrata nei primi mesi del 1965 dall’allora vescovo Giovanni Pirastru.
Sebbene oramai imboccato il ramo discendente dell’economia mineraria, Iglesias poteva ancora contare su un cospicuo flusso economico che il comparto minerario comunque garantiva, soprattutto a beneficio dei settori commerciale e artigianale della città.
Differente era la situazione per le periferie operaie: Campo Pisano, Campo Romano, San Benedetto, Monteponi, Bindua, Monte Agruxau, San Giovanni; queste si dibattevano in uno stato di profonda emarginazione e arretratezza per via del distacco e lontananza delle istituzioni locali. Da queste ultime le masse operaie venivano infatti ancora considerate come sovversive, inaffidabili, e perciò stesso da tenere alla distanza e di cui diffidare.
Campo Romano era un quartiere di operai, minatori per lo più occupati nella vicina miniera di Campo Pisano od in altre miniere del circondario di Iglesias; in misura ristretta erano anche i dipendenti dello Stato, del Comune, delle Ferrovie e quelli impegnati nell’edilizia: e numerosi, ancora, i disoccupati.
Una massa umana che poteva contare esclusivamente sul salario, assai modesto, delle società minerarie; salario appena sufficiente a sfamare il nucleo famigliare o, nel migliore dei casi, a metter su delle piccole case raramente con acqua corrente e più spesso con servizi minimi. La maggior parte delle famiglie era numerosa; i bambini frequentavano la scuola elementare della miniera o quelle della città, ma per i più piccoli non c’era né asilo né altre forme di assistenza e le madri erano costrette ad uno sforzo sovraumano per assistere i figli e mettere insieme i pasti. L’ambiente operaio era fortemente sindacalizzato e non meno politicizzato, fors’anche esageratamente radicalizzato e pregiudizialmente contrapposto, per lo meno nei confronti delle istituzioni, cosa che rendeva le parti estremamente distanti.
In questo contesto venne ad operare nel 1965 Enea Selis, giovane vescovo giunto alla guida della Chiesa locale: egli credette essere giunto il tempo di accorciare le distanze. Così, nel settembre 1965, presso il quartiere periferico di Campo Romano istituì una nuova parrocchia, intitolata a San Giuseppe Operaio e inizialmente affidata ai Frati Francescani Conventuali.
Il 25 dicembre 1965, in una piccola rimessa della via Taranto, arredata di un tavolo e qualche panca, il nuovo vescovo, accompagnato dal parroco Padre Lorenzo, celebrerà la messa inaugurale della nuova parrocchia alla presenza di un nugolo di bimbi, qualche mamma e pochi padri. Al termine della messa, accompagnato dai bimbi e dalle mamme, volle percorrere i vicoli del quartiere per salutare e incontrare direttamente i residenti: il disgelo aveva avuto inizio!
Possiamo seguire i primi passi della Parrocchia con le parole estratte da una lettera che i bambini e le loro assistenti inviarono per l’occasione al Santo Padre:
“…in fondo a questa lettera troverà le nostre 33 firme. Siamo i bambini del Rione di Campo Romano, distante dalla Città di Iglesias 1 km e mezzo, e 500 metri dalla Miniera di Campo Pisano della Soc. Monteponi-Montevecchio. …dei nostri papà una parte lavora nella miniera vicina, altri sono disoccupati e altri invalidi di silicosi, una malattia che si prende in miniera… il nostro rione è il più povero della città e anche il più abbandonato… andiamo a scuola, alcuni nella scuola della miniera altri in città.
…qualche giorno prima di Natale ecco una mattina vediamo che un garage viene rimesso a posto, portano delle panche e altre cose e si sparge la voce che un frate verrà a dire la Santa Messa tutte le domeniche. E così andiamo a vedere, in casa se ne parla, la mamma dice che è una bella cosa, il babbo che è tutta politica… come è stato bello la prima domenica! Giorni prima ci dissero che il giorno di Natale sarebbe venuto il nuovo Vescovo e venne e ci parlò e ci disse che da quel giorno Campo Romano avrebbe avuto la sua Cappellina, povera come le nostre case, intitolata a San Giuseppe Artigiano.
… Il giorno 29 Aprile a sera tardi su di una macchina addobbata molto bene dalle nostre mamme, accompagnato dal Vescovo Selis, dal parroco e da altri sacerdoti, dalla banda cittadina, dagli esploratori e da una fiaccolata, è arrivato il simulacro di San Giuseppe Artigiano nella nostra cappellina… piangevano tutti quando ha parlato Fratel Carlo Carretto dei Piccoli Fratelli di Gesù: eppure non ha detto altro che dovevamo essere tutti fratelli e volerci bene.
La mattina del 1° Maggio ci portarono i vestitini della nostra Prima Comunione e andammo in processione con il Vescovo Mons. Selis nello spiazzo dove era stato preparato un bell’altare e dove sorgerà la nuova chiesa e un asilo.. .c’era il sindaco, il direttore della miniera e altre autorità… subito dopo la Messa ci fu la posa della prima pietra, in un terreno che era stato regalato dai Signori Fanunza.
Il 29 di questo mese di Maggio il Vescovo verrà ad impartirci la Santa Cresima e sarebbe bello se ci dicesse che Lei ha ricevuto e letto la nostra lettera…”
Ma la situazione sociale del quartiere richiedeva risolutezza anche in altre direzioni: come ricordato anche nella lettera, dopo funzioni ed attività svolte in locali occasionali, nel 1966 venne individuato un terreno nella parte occidentale del quartiere in cui verrà posta la prima pietra dell’asilo per l’infanzia e della chiesa.
L’obiettivo prefissato era ambizioso rispetto alle risorse disponibili; occorreva uno sforzo corale in cui tutti mettessero del loro. Così, donne e uomini si misero all’opera impegnando parte del loro tempo e dei loro pensieri nelle nuove realizzazioni.
Citarli tutti per nome impegnerebbe molto spazio di questo giornale e rischierebbe di far torto a qualcuno per memoria troppo corta. Ad onore di tutti loro vogliamo ricordare l’impegno di un uomo, già avanti negli anni, residente a pochi passi da quello che sarebbe stato il nuovo asilo; egli si rese disponibile in quello che sosteneva poter fare meglio: scavare le fondazioni dei nuovi fabbricati. Chiese soltanto che qualcuno gli fissasse sul terreno il filo da seguire. Così, armato di piccone e badile, passò mattine e sere a scavare con meticolosità e precisione la terra dura e pietrosa seguendo il filo in modo minuzioso per decine di metri. Molti dei lettori si domanderanno il perché averlo citato vista la non eccezionalità di quanto da lui eseguito: e allora è bene ricordare che quell’uomo era non vedente dalla nascita! Nella sua cecità evidentemente c’era tanta luce…
Il suo nome non è stato scritto da nessuna parte ma il suo ricordo confidiamo che giunga alla mente di coloro che l’hanno avuto per amico ed anche a quelli che non ne hanno mai conosciuto l’impegno.
Le immagini che pubblichiamo, estratte da una vecchia pellicola, sono testimonianza di quel bel giorno di festa: ci accompagnano, attraverso sguardi timidi e altrettanto timidi sorrisi, alla scoperta di una comunità che unita nelle difficoltà e nella durezza della vita quotidiana, si è trovata a vivere (a condividere!!) un momento di gioia per la Prima Comunione dei loro bambini; in un crescendo di emozioni, allegria e soddisfazione, fino alla firma della pergamena da parte delle autorità presenti e alla posa della prima pietra: si possono riconoscere, da sinistra versa destra accanto al vescovo Enea Selis, il sindaco di Iglesias Dott. Pietro Saragat, il direttore generale della Società Monteponi-Montevecchio ing. Angelo Morra, il signor A. Peddis, il perito minerario Oscar Rodriguez e il dottor Nuccio Guaita.
Ma i veri protagonisti di questa piccola storia sono gli operai, le famiglie e, soprattutto, i bambini: bellissimi tutti insieme nella foto di gruppo finale… per loro nacquero l’asilo e la chiesa; per loro quei giorni di festa; per loro, a 55 anni di distanza, questo ricordo.
Tanti degli adulti che compaiono nelle immagini non sono più tra noi, e quelli ancora presenti proseguono nel cammino della vita. Anche alcuni dei bambini di allora non sono più… Pietro, Elisa, Marinella… ma il loro ricordo sopravvive in coloro che li hanno conosciuti. Altri invece si riconosceranno, altri ancora riconosceranno parenti e amici, ritrovando, volti o sguardi che credevano d’aver dimenticato e che strapperanno loro un sorriso o forse, chissà, una lacrima…
Fu davvero un bel 1° Maggio… ai bambini di Campo Romano.