Progetto Policoro. Ad Assisi l’incontro annuale con gli animatori di tutta Italia

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di Annalisa Atzei e Marta Cocco

Dal 2 al 6 dicembre, ad Assisi, oltre 230 animatori di comunità del Progetto Policoro provenienti dalle diocesi di tutta Italia, si sono incontrati per l’appuntamento annuale con la formazione nazionale. Una formazione che quest’anno ha accompagnato il desiderio concreto e profondo del Progetto di rinnovarsi. Un rinnovamento che non andrà certo a confonderne i contenuti, fedeli all’idea del suo fondatore monsignor Mario Operti, quanto piuttosto a renderlo più forte e incisivo nella sua forma. È stata una formazione che nei suoi cinque giorni ha saputo cogliere le esigenze di un cambiamento che si fa strada all’interno di tutte le nostre comunità. Nato nel 1995 per contrastare gli effetti della disoccupazione al Meridione e accompagnare i giovani all’auto-imprenditorialità, oggi, a distanza di 22 anni, il Progetto Policoro è presente in quasi tutte le regioni italiane e ha scelto di aggiornarsi per mettere a fuoco un mondo giovanile che chiede aiuto. Il prossimo anno sarà decisivo per apportare questi cambiamenti e la Chiesa italiana già si interroga su quale sia il modo giusto per intervenire e fare in modo che il Progetto realmente risponda alle crescenti difficoltà dei giovani delle nostre diocesi. Come ricordato in apertura dei lavori, infatti, facendo riferimento al Rapporto Caritas 2017 sulle povertà giovanili ed esclusione sociale, oggi sono proprio i giovani a essere maggiormente penalizzati dalla povertà economica e dalla esclusione sociale e soprattutto, rispetto al passato, i nostri ragazzi vivono un presente che non è proiettato verso l’avvenire, “i figli stanno peggio dei genitori; i nipoti stanno peggio dei nonni”. Il 2018 coinciderà allora con un momento importante per il Progetto Policoro. Come ha sottolineato don Riccardo Pastorini (delegato regionale della Pastorale Giovanile in Umbria) “c’è più bisogno di Policoro oggi che quando è nato 22 anni fa. Il Progetto è stato e sarà una profezia”, ma non possiamo fare a meno di porci una domanda: i ragazzi del Policoro oggi sono “animatori, ma di quale comunità?”. Se in passato ci si poteva “accontentare” di essere un segno sul territorio, oggi si deve essere “azione concreta” nelle diocesi. Parole queste riprese anche da don Fabio Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale Pastorale Sociale del Lavoro, il quale ha ricordato come il Progetto abbia bisogno “non di semplici animatori, ma di connettori di comunità”. E ancora il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, che durante i giorni della formazione ha celebrato una messa per gli animatori, nell’omelia ha ricordato a tutti loro di essere animatori in uscita, disponibili ad incontrare il prossimo, nella bellezza e con l’amore che Gesù stesso ci insegna attraverso il Vangelo. Essere animatori di comunità, ha spiegato il cardinale, significa “trasformare luoghi o relazioni conflittuali in intraprendenza positiva”, “diventare imprenditori di speranza per tanti giovani coetanei che si rassegnano, che vivono sdraiati nella vita, che si accontentano, che non volano alto”.
I numeri raccontano di un Progetto che cresce: su 223 diocesi, 143 accoglieranno nel 2018 gli animatori di comunità, quattro in più rispetto al 2017; in Sardegna 9 diocesi su 10 proseguono il loro cammino seguendo le tracce dell’insegnamento di don Operti. AnnA

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Prosegue il progetto “Cercatori di LavOro”, alla ricerca delle buone pratiche – Dopo la Settimana Sociale prosegue il progetto “Cercatori di LavOro”, che ha visto impegnati tanti animatori di comunità nella ricerca delle buone pratiche nel nostro Paese. La formazione nazionale ad Assisi è stata l’occasione per rilanciare le attività che daranno il via a una Cagliari 2.0: come spiegato dall’economista Leonardo Becchetti, componente del Comitato Scientifico per le Settimane Sociali, insieme a Luca Raffaele di Next, Nuova Economia per Tutti, le attività svolte a Cagliari non si sono concluse, ma vogliono essere un nuovo punto da cui riprendere i lavori per proseguire l’individuazione delle buone pratiche e produrre buoni frutti sul territorio. La sfida dopo ottobre è passare dalle buone prassi ai laboratori; la prima fase, culminata nella settimana in Sardegna, è stata segnata dalla ricerca, un segnale forte su che tipo di comunità vogliamo essere. Ora, ha detto Becchetti, si vuole andare avanti e creare qualcosa che vada oltre i discorsi: l’idea è quella di creare nei territori dei “laboratori di costruzione”, grazie ai quali sviluppare una banca dati dei progetti delle buone pratiche. “L’ambizione è fare bene il lavoro e cambiare il Paese”. Per riuscirci sono tre le azioni da mettere in atto: ricreare le buone pratiche sul territorio; fare cittadinanza attiva premiando le aziende sostenibili col voto col portafoglio e sensibilizzare le persone alla buona comunicazione, affinché si possa fare rete e trasformare “il pensiero in azione”. Come sottolineato da Luca Raffaele, infatti, ancora troppo spesso nei nostri territori la famosa formula 1+1 non solo non fa 3, ma ancora dà 0.5, ben lontani dall’invito di papa Francesco a essere una comunità cooperativa, che collabora e si prende cura del prossimo. AnnA

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“NOI, per la comunità e nella comunità” – “Giovani, Vangelo, Lavoro”: sono queste le tre parole chiave del Progetto Policoro che mi erano ben chiare arrivando alla Formazione nazionale. Tante altre poi ne sono arrivate: “vocazione” come uscita da se stessi per tendere verso l’altro; “talenti” da far fruttare; il servizio verso i giovani, mettendo a disposizione le proprie competenze come fece Pietro quando nel tempio disse allo zoppo: “non ho né argento né oro, ma quello che ho, te lo dò”; le “buona pratiche”; la consapevolezza di poter trasformare un fallimento in un’opportunità; la “comunità” senza la quale il Progetto Policoro non avrebbe senso.
L’animatore di comunità è stato paragonato a un vaso che raccoglie e custodisce la storia dell’altro; come una spugna che assorbe e rilascia l’acqua, così anche l’animatore deve creare relazioni, dando e ricevendo.
L’animatore è come un dado: quando gioca si impegna al massimo e investe tutte le sue capacità cercando di sfruttarle al meglio; fa i conti con il rischio perché come quando c’è da tirare il dado esiste la possibilità che esca il massimo oppure il minimo, così allo stesso modo nel servizio dell’animatore di comunità, il risultato non dipende solo da se stessi, ma il gioco è tanto più bello quanto lo si fa insieme, unendo le forze: l’AdC deve essere, quindi, un connettore di squadra e di relazioni.
L’animatore è anche un camaleonte, perché deve sapersi adattare, deve sapersi fare vicino ad una situazione che può anche non essere di suo gradimento e da questa saper partire.
L’animatore è come la molla di una penna, per la sua invisibile ma fondamentale funzione: è presente, è al servizio della comunità, è dentro la comunità pronto a dare il proprio contributo ma apparentemente invisibile quanto fondamentale per far funzionare la sua “penna”.
Infine, l’animatore è un mestolo di legno che mescola il minestrone: come il mestolo che viene immerso nel minestrone, così l’AdC deve calarsi in una realtà e una realtà che spesso scotta; come il mestolo è capace di sopportare le alte temperature e di non scottare quando viene estratto dalla pentola, in egual modo l’animatore deve essere in grado di svolgere il suo compito e tirar fuori le proprie capacità nella comunità senza essere veicolo delle difficoltà presenti al suo interno.
Questa è la definizione dell’animatore di comunità del Progetto Policoro emersa durante i lavori nei laboratori tra noi AdC del primo anno, un po’ timorosi ma molto entusiasti e curiosi, provenienti da diverse parti del centro e sud Italia, accomunati dalla passione di voler mettere il meglio di sé al servizio e per il bene del proprio territorio, consapevoli che al nostro fianco, oltre gli AdC del terzo anno e l’equipe del Progetto Policoro, abbiamo un grande Maestro e Accompagnatore: Gesù.
Quello che mi porto a casa è la consapevolezza di essere entrata a far parte di una realtà speciale e importante che potrei riassumere in poche parole con “Noi, per e nella comunità” e che non poteva che avere inizio in un posto speciale come Assisi. MaCo

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