Il ricordo del cappuccino scomparso il 13 gennaio 2021, originario di Nebida, nelle parole di chi l’ha conosciuto da vicino
di Valeria Carta
Nato il 21 novembre 1939, Padre Marco Locche all’età di 81 anni è salito al cielo , sacerdote cappuccino iglesiente, che ha servito la diocesi del Sulcis e l’intera provincia sarda.
Originario della frazione di Nebida, fu parroco della Beata Vergine di Valverde a Iglesias dal 1993 al 1998. A tracciare il suo ritratto per noi è Padre Andrea Manca, anche lui sacerdote cappuccino, iglesiente, la cui vocazione, nata tra le mura del santuario delle Madonna delle Grazie, è profondamente legata a Padre Marco: “sono diventato frate il 16 settembre del 1978. Mi accolse Padre Marco Locche e con lui feci anche i miei primi voti l’anno seguente”.
La vita di Padre Andrea è costellata di episodi in cui ricorre la figura del frate gioviale. “La mia esperienza con lui inizia con un bacio di mani e termina con un bacio di mani”, ha ricordato. “Il primo incontro risale al 1974 nel vecchio ospedale Santa Barbara. Lui era stato eletto da poco provinciale e venne per visitare la mamma di un nostro frate che stava molto male”. Ricorda bene quel giorno: “io ero solo un bambino e osservavo. Questo frate, che era compagno di studio di Padre Marco, appena lo vide gli baciò la mano. Lui si ritrasse immediatamente ricordandogli che erano stati compagni di studio e dovevano continuare a darsi del tu”. Emerge da questo semplice episodio l’umiltà di un uomo che non ha mai preso troppo sul serio i titoli onorifici, ma gli incarichi si. Padre Marco nell’arco della sua vita è stato in più occasioni ministro provinciale, consigliere della provincia, segretario, non ultimo parroco e guardiano in vari conventi. Una laurea in biologia a coronamento di un percorso di formazione in sacra teologia. “Amava molto la natura tanto è vero che in ogni convento dove andava curava il giardino e le piante, secondo lo spirito francescano”.
“Apparentemente era severo, metodico, sapeva quel che chiedeva perché ancora prima di chiederlo agli altri lo esigeva da sé stesso”. Non era il tipo da “armiamoci e partite, ma piuttosto da armiamoci e partiamo insieme”. Un legame filiale quello tra i due: “per me è stato un maestro, ho potuto imparare tante cose da lui, soprattutto il modo di avvicinare le anime così come sono e non come noi le vorremmo”.
Un uomo esigente, forse, ma sorridente, capace di grande umorismo, che amava raccontare barzellette con cui si dilettava con il fratello maggiore, Mons. Costantino Locche. “Parlando della sua famiglia di origine si commuoveva sempre”, ha ricordato Padre Andrea. Fu toccato dalla sofferenza molto presto quando, la morte della madre, segnò la sua giovane esistenza.
Provato dalla vita ma sempre positivo come quando, eletto provinciale si era trovato a fare i conti con un decennio di grande sterilità. “Non c’erano state vocazioni nella provincia sarda e lui si era fatto carico anche di questa responsabilità, dando fiducia a quattro giovani, di cui uno ero io”. Padre Andrea ricorda con gioia quel periodo, quando proprio lui e i suoi compagni rappresentavano il futuro della provincia. “Padre Marco affidò la nostra formazione a Padre Paolo Bertelli (un altro iglesiente), uomo di grande esperienza a cui fu assegnata la cura di quelle che consideravano “le loro quattro perle”.
Tante le comunità in cui Padre Marco prestò il suo servizio. A Lanusei fu chiamato ad essere primo parroco nel 1987, ma nel cuore sempre le sue origini: “la mia parrocchia”, con queste parole si rivolgeva alla chiesa mariana di Valverde a Iglesias.
“La malattia è arrivata lentamente, anche se non l’ha mai fatta pesare, cercando di sdrammatizzare sempre, e piuttosto prendendosi cura del prossimo. Come quella volta che dopo un breve svenimento si era preoccupato che io mi fossi impressionato”. Nelle parole di Padre Andrea un ricordo della propensione di Padre Marco ad occuparsi del prossimo in qualunque situazione. Il mondo della sofferenza lo conobbe ancor più da vicino quando fece tappa all’ospedale Brotzu di Cagliari. “Apprezzatissimo il suo modo di fare, capace, di avvicinare tanti malati”.
Notevoli anche le sue doti di predicatore: “è stato capace di mostrare il volto meraviglioso di Gesù alle anime”, sull’esempio del maestro per eccellenza e di San Francesco. “Aveva compreso che gli uffici di rilievo che gli erano stati affidati erano un modo per servire”.
“La mia conoscenza di Padre Marco, qui su questa terra, è terminata come è iniziata, con un bacio di mano”. Così racconta l’ultimo incontro Padre Andrea prima del ricovero in ospedale. “Abbiamo fatto una bellissima chiacchierata, paternamente lui mi ascoltava, mi dava dei consigli anche se molto provato dalla sofferenza”. Non sono mancate neanche in quell’occasione le battute scherzose. “L’ho salutato baciandogli la mano”. Quel gesto, a cui era tanto restio, lo commosse.
Un mosaico di ricordi quello raccolto nelle parole di Padre Andrea, che traccia il profilo di un uomo “con tutte le sue fragilità, i suoi peccati, che però sono assolti da Dio nella sua infinita misericordia”. Un cristiano, un padre, un sacerdote a cui non ci resta che dare l’arrivederci in cielo.
