Mamma dei poveri e insegnante, “cristianamente laica”

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57 anni fa la morte dell’indimenticata suor Teresa Tambelli, Figlia della Carità, direttrice scolastica, catechista e “megafono” dei senza voce

di Mario Girau

Superiora, ha detto la maestra che si è tagliato un banco”. “Provvederò a mandare un falegname”, è la pronta riposta della suora dell’Asilo della Marina, che, da esperta insegnante, di fronte all’incerto italiano di un’alunna tenta un pronto ricupero lessico-grammaticale. “Suor Tambelli – racconta la protagonista dell’infortunio linguistico – mi indica nello scaffale un vocabolario, e dice: «Prendilo e leggi il significato dei verbi rompere e tagliare. Tra i due quale avresti dovuto usare?»”. Le correzioni in progress, fatte anche per strada, al volo, rientrano nello stile di suor Tambelli, maestra e direttrice nelle scuole dell’Asilo della Marina: ogni occasione è buona per fare arrivare i messaggi giusti.
Febbraio è un mese di ricco di ricordi ed emozioni per la famiglia vincenziana: il 3 ricorre il 13° anniversario della beatificazione di suor Giuseppina Nicoli; il 23 il 57° della morte di suor Teresa Tambelli (1884-1964). Tra queste due Figlie della Carità c’erano – come è stato scritto anche dai teologi “affinità spirituali, vocazionali-pastorali”. La seconda, suora poliedrica – per 40 anni “mamma dei poveri”, catechista, “megafono” dei senza voce – ha svolto anche un importante magistero educativo sia nel mondo della scuola sia nella formazione delle ragazze e dei ragazzi, i famosi “Marianelli”.
L’habitus dell’insegnante, acquisito col diploma magistrale nella scuola delle “Figlie della Croce (Parma), è indelebile in suor Tambelli, anche quando riduce il suo impegno in cattedra per occuparsi prevalentemente di organizzazione e coordinamento didattico. Il “suo” Asilo della Marina è una macchina complessa: nel 1932 tra asilo e scuole elementari e medie con le suore istruisce 590 bambini; nel 1936 oltre 700 ragazzi (asilo, elementari, magistrali inferiori), nel 1948 poco più di 1000 tra bambini e ragazze, senza contare i laboratori di cucito, pianoforte e francese. Un mondo educativo dentro la cornice di una comunità di 20 Figlie della Carità di cui la Tambelli è “suor servente”, superiora.
Una scuola esigente che la direttrice costruisce sul triangolo insegnanti, alunni, famiglie. “Studiate con amore, frequentate con assiduità, seguite con interesse le lezioni, persuadendovi – dice suor Tambelli il 5 settembre 1941 alle studentesse delle magistrali di fronte ai loro genitori – che, se giorno per giorno disimpegnate le cose vostre, non troverete né gravose, né eccessive le esigenze delle vostre insegnanti”. Troppe assenze? “Forse sono dovute all’impreparazione, alla paura di essere interrogate”. Per la direttrice le troppe assenze “nuocciono alla cultura e le conseguenze morali non sono meno gravi. Si viene a concessioni con il dovere, si compromette la schiettezza, si deforma il carattere”. Ce n’è anche per papà e mamma. “I genitori più stimati non sono quelli che concedono tutto”. L’insegnante, da parte sua, “non può ignorare nè trascurare la personalità dell’alunno” … deve guidare il fanciullo allo sviluppo perfetto della sua intelligenza, del suo coraggio.
Nonostante gli impegni suor Tambelli non rinuncia a qualche ora di insegnamento. Non vuole che adempimenti burocratici tolgano spazio al dialogo con le alunne. Si ritaglia un pacchetto di ore settimanali di Religione. “Ma spaziava con competenza anche su altre materie” dicono le sue alunne. Un giudizio condiviso da un ispettore ministeriale: “Quali studi ha fatto la Superiora che in qualunque classe entri, qualsiasi lezione si spieghi, sa prendere la parola?”.
Lezioni all’insegna della concretezza, del coinvolgimento personale degli alunni. “Non era una semplice istruzione o solo teoria”, ricorda una ex alunna. “Era una lezione di vita. Un mix di cultura religiosa – partiva dalla Scrittura – approfondimento della fede cristiana, ma sempre in vista di un impegno concreto nella vita, sottolineando soprattutto l’aspetto della carità”. Una «prof» “cristianamente laica”, qualcuno potrebbe definirla nel sentire quello che dice alle alunne: “Credete che il Signore abbia bisogno di musi lunghi, di rosari vistosi e ore di preghiera in chiesa. Ricordiamoci: il Signore vede anche nei nostri cuori. Sant’Agostino diceva: Ama e fai quel che vuoi”. Il Vangelo applicato alla vita: “Quando sarete sposate e avrete figli…”, “Quando lavorerete…” frasi che ritornano spesso nelle sue lezioni.
Curare l’estetica personale è importante: “Non sciupate i talenti che il Signore vi ha dati. Anche la bellezza è un talento che non deve essere buttato via. Una ragazza che sta allo specchio prima di uscir di casa, che si rigira da ogni lato per controllare che non ci sia alcunché fuori posto, non fa peccato di vanità”. Se le sue alunne si rammaricano per la vocazione religiosa di un giovane e fascinoso missionario, suor Tambelli sorridendo commenta: “Invece di piacer a voi è piaciuto a Dio”.
A una sua alunna scrupolosa fino al punto di genuflettersi tutte le volte che in casa passava davanti a una Madonnina, spiega: “Non è necessario e appropriato inginocchiarsi davanti alla Madonna perché quell’atteggiamento di adorazione si deve avere solo davanti al Santissimo, lui è il Signore”. Alle studentesse ripeteva: “Ricordate ragazze che dovete essere brave a scuola, però è più importante essere buone. Solo brave non basta, prima di tutto bisogna essere buoni”. Per difendere le sue alunne era pronta a tutto, anche a usare le maniere forti: “Se tua madre adottiva continua a picchiarti – dice un giorno a una ragazza vittima delle botte “materne” – vado a parlarle altrimenti la denunciamo”. Il triangolo scuola- alunni-famiglia doveva funzionare al meglio per suor Teresa Tambelli.

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