Orientamenti Pastorali 2016/2017. Intervista con il vescovo Giovanni Paolo

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Famiglia, giovani, lavoro, pastorale integrata: nelle nostre comunità cristiane, ciascuno secondo la propria vocazione, siamo tutti tenuti a dare risposte alle domande del “mondo che cambia”

di Annalisa Atzei

Alla conclusione del Convegno diocesano, lo scorso venerdì 29 settembre a Carbonia, il vescovo mons. Giovanni Paolo Zedda ha presentato gli Orientamenti Pastorali per l’anno pastorale 2017-2018.

Il documento si apre con la constatazione di una comunità cristiana chiamata a fare i conti con un “mondo che cambia”. In particolare oggi, la famiglia, i giovani e il mondo del lavoro sono segnati da un cambiamento che deve invitarci a riflettere e a interrogarci sul nostro modo di essere persone pronte a incontrare Gesù, “nella sua Parola, nei sacramenti, nel volto del fratello”. La famiglia, in particolar modo, “è la realtà che più di ogni altra mostra le conseguenze profonde del cambiamento che si sta verificando nella nostra società” ed è proprio al suo interno che vanno considerate anche le problematiche relative al mondo dei giovani e del lavoro. Allo stesso modo con cui la famiglia accoglie in sé i temi “giovani” e “lavoro”, così la Chiesa deve far riconoscere la necessità di una “pastorale integrata”, grazie alla quale ogni pastorale si impegna a progettare e a crescere godendo dell’apporto “di tutti gli altri ambiti”. Scegliere la famiglia, significa allora scegliere quel tema su cui convergono gli interessi comuni e dalla cui “salute dipende la salute della Chiesa e della società”.

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Carbonia, 27 settembre 2017. Mons. Zedda al Convegno diocesano (foto di Efisio Vacca)

Per meglio presentare il cammino della nostra Chiesa per l’anno pastorale che sta iniziando, abbiamo rivolto a mons. Zedda alcune domande sui contenuti degli Orientamenti, allegati in omaggio a questo numero per tutti gli abbonati al settimanale diocesano.

Negli Orientamenti Pastorali lei scrive che “la maturità dei giovani dipende strettamente dalla maturità degli adulti che li educano”. Quale invito rivolge allora alle famiglie e agli adulti affinché siano educatori responsabili ed esempio cristiano per i giovani della nostra diocesi? Quale ruolo possono avere le parrocchie e le associazioni?

Che la maturità dei giovani dipenda dalla maturità degli educatori è un dato facilmente deducibile dall’esperienza. Vale per qualsiasi impegno educativo. Ciò non significa che da educatori maturi vengano sempre giovani maturi. L’educazione non è un fatto automatico, poiché deve avvenire nel rispetto della libertà dell’individuo. Ma nessun educatore può evitare la responsabilità di formarsi e crescere costantemente nella capacità educativa, impegnandosi per primo in percorsi di maturità umana e cristiana. E questo vale nei confronti di tutti i membri della comunità. Poiché viviamo in relazione gli uni con gli altri, ognuno è in diversi modi educatore di tutti, con i propri ragionamenti, con le parole, con i comportamenti. Certo un ruolo fondamentale nell’educazione spetta alla famiglia. Ma, di fronte alla grande crisi che tante famiglie oggi attraversano, diventa compito di tutti impegnarci a sostenerle nel lavoro educativo. è soprattutto importante che ognuno si apra all’incontro con le famiglie, trovi il modo di relazionarsi con loro con rispetto, cordialità e simpatia e sappia incoraggiarle nei momenti di difficoltà.

Giovani e lavoro: qual è l’impegno della Chiesa locale nei confronti della crisi di occupazione?

Ogni uomo ha diritto al lavoro e parlare di lavoro deve significare porre al centro l’uomo. Occorre che tutti si impegnino a fare in modo che il lavoro sia “libero, creativo, partecipativo e solidale”, come ci suggerisce il tema della prossima Settimana Sociale. Restano da superare tante situazioni ingiuste. Resistono ancora condizioni di lavoro in nero, retribuzioni inadeguate, lavori pericolosi o malsani, situazioni di corruzione. Mi sembra che sia ancora insufficiente, nella famiglia e nella società, l’impegno di formazione al lavoro per i giovani, che manchi la convinzione che il lavoro debba avere al centro l’uomo e non il profitto e che ogni lavoro debba essere finalizzato al bene comune e non solo ai vantaggi individuali. Il rischio più grosso è che tutto ciò venga visto come un ideale utopistico, e che, di fronte alle gravi difficoltà provocate da questi anni di crisi, ci si rassegni a sopportare anche le ingiustizie, pur di sopravvivere. È doveroso, anche se difficile, innescare processi di conversione da cui possano nascere nuovi modelli di vita, di economia e di lavoro.

Volgendo lo sguardo al futuro, quali sono le prospettive per lo sviluppo della “pastorale integrata” a cui fa riferimento nel documento?

Nell’impegno pastorale non possiamo più accontentarci di restare ancorati all’esistente. Siamo chiamati ad “uscire” e incontrare con amore le croci di ogni uomo per offrire a ciascuno la novità del Vangelo. Ciò richiederà un impegno rinnovato di ricerca e di ascolto della volontà di Dio, di corresponsabilità tra tutti i membri della comunità cristiana, ciascuno secondo la propria vocazione – ministri ordinati, religiose e laici – ma anche ciascuno a servizio degli altri. Sarà da ripensare la pastorale delle parrocchie, tenendo conto del calo numerico dei sacerdoti, senza privare della cura necessaria nessuna comunità, ma puntando a creare comunione e coordinamento tra le diverse realtà della stessa zona e in collaborazione con tutta la Chiesa diocesana. Una fatica che esige disponibilità e umiltà, ma che ci aiuterà ad essere più autentici nella nostra missione evangelizzatrice.

Download Orientamenti Pastorali 2017-18

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