La Giornata del migrante e l’attenzione agli sfollati interni

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Domenica 27 settembre si è celebrata la 106ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, istituita dalla Chiesa nel 1914

di Raffaele Callia

Domenica 27 settembre si è celebrata la 106ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. È dal 1914, infatti, che la Chiesa universale ha voluto istituire un’apposita giornata (dallo scorso anno fissata nell’ultima domenica di settembre) per pregare per le diverse categorie di persone vulnerabili in migrazione, accrescere la consapevolezza sulla complessità della mobilità umana e trovare delle risposte in termini di accoglienza, protezione, promozione e integrazione in favore dei migranti, secondo quanto ricordato da Papa Francesco nel suo messaggio diffuso il 13 maggio scorso per l’occasione.
Per quest’edizione della Giornata il pontefice ha voluto insistere sul tema degli sfollati interni, ovverosia di quei migranti che – come precisa l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite – sono costretti a fuggire da guerre e/o persecuzioni senza che attraversino un confine internazionale riconosciuto, restando pertanto all’interno del Paese di origine. Proprio per questa ragione, precisa l’UNHCR, gli sfollati interni “sono fra le persone più vulnerabili al mondo. Hanno abbandonato la propria casa per ragioni simili a quelle dei rifugiati, ma restano sotto la protezione del loro governo. Anche quando proprio quel governo è la causa delle situazioni che li hanno costretti alla fuga”.
Nel considerare questa particolare categoria di migranti il Papa, nel suo messaggio, pone in evidenza la loro condizione di precarietà, di paura ed incertezza, di abbandono ed emarginazione, fino ad assimilarla a quella del piccolo Gesù in fuga verso l’Egitto insieme a Maria e Giuseppe. Ricordando quanto già formulato in occasione dell’Angelus del 29 dicembre del 2013, il pontefice ha ribadito nel suo messaggio come quasi ogni giorno “la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie. In ciascuno di loro – ha precisato il pontefice – è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella”.
Nel 2019, ci ricorda l’UNHCR, si stimavano complessivamente 45,7 milioni di sfollati interni, di cui quasi 8 milioni si trovano in Colombia, più di 6 milioni in Siria (costituendo circa la metà di tutti i profughi siriani), circa 5 milioni nella Repubblica democratica del Congo e 3,6 milioni nello Yemen, dove da cinque anni si continua a combattere ininterrottamente una guerra che ha provocato la morte di migliaia di persone, di cui la maggior parte civili.
Numeri certamente impressionanti, anche se – come scrive il Papa nel suo messaggio – “quando si parla di migranti e di sfollati troppo spesso ci si ferma ai numeri. Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati”. Ecco perché, precisa il pontefice, si tratta di una vera e propria sfida pastorale alla quale siamo chiamati a rispondere tutti, a vari livelli. Il papa ritorna in proposito sui verbi evocati in occasione del suo messaggio per un’altra Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, quella celebrata nel 2018: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. E a questi aggiunge altre sei coppie di verbi “che corrispondono ad azioni molto concrete, legate tra loro in una relazione di causa-effetto”: conoscere per comprendere, farsi prossimi per servire, ascoltare per riconciliarsi, condividere per crescere, coinvolgere per promuovere e collaborare per costruire.
Chi prova ogni giorno a declinare cristianamente queste coppie di verbi è certamente la rete delle Caritas di tutto il mondo, la quale – attraverso l’organismo di coordinamento internazionale “Caritas Internationalis” – nella circostanza della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato ha richiesto con forza di garantire agli sfollati interni “l’accesso incondizionato a beni primari – come cibo e acqua – e ai servizi di base, permettendo loro di vivere una vita dignitosa, specialmente in questo periodo di pandemia di Covid-19”, oltre che un ritorno rapido e sicuro nelle proprie case a quanti desiderano ritornarvi.

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