Un percorso sino al Convegno di Firenze, sotto la guida dello Spirito Santo: dietro al Signore e verso la gente
di Luisanna Usai
Delegata Regionale
Movimento Ecclesiale Impegno Culturale
Un cammino sinodale che a maggio incomincerà “da ogni comunità cristiana dal basso, dal basso, dal basso fino all’alto”, sotto la luce “dall’alto al basso” che sarà il Convegno di Firenze.
Papa Francesco non usa mezzi termini per chiarire la sua idea di sinodalità, in un’udienza concessa al Consiglio nazionale dell’Azione Cattolica, in occasione della XVII Assemblea Nazionale.
A quella “palestra di sinodalità” che è l’AC, il papa ricorda che è la laicità il vero antidoto all’autoreferenzialità e all’astrattezza, in un percorso sinodale che deve portare a fare scelte, che per essere praticabili devono partire dalla realtà, “per provare a incidere in essa, per farla crescere nella linea dello Spirito Santo, per trasformarla secondo il progetto del Regno di Dio”.
Francesco ricorda che l’idea di un cammino sinodale era maturata in occasione del Convegno di Firenze del 2015, e che è giunto il momento di darle concretezza.
In realtà in questi ultimi anni il Papa aveva proposto a più riprese dei sinodi a tema, su problemi o ambiti particolarmente delicati, ma ciò che chiede oggi è uno “stile sinodale”, capace di scardinare vecchie modalità di essere chiesa, per essere finalmente missionaria, “in uscita”.
Una Chiesa del dialogo, capace di porsi in ascolto dello Spirito e della voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri, e anche attraverso il grido dei peccatori, “perché in genere anche i peccatori sono i poveri della terra”.
Un sinodo, chiarisce Francesco, “non è un parlamento”, come “la sinodalità non è cercare una maggioranza, un accordo sopra soluzioni pastorali”. Questo è solo “un bel parlamento cattolico”, a cui però “manca lo Spirito”. Ciò che crea la sinodalità è “la presenza dello Spirito: la preghiera, il silenzio, il discernimento di tutto quello che noi condividiamo”.
E “fare sinodo non è guardarsi allo specchio, neppure guardare la diocesi o la Conferenza Episcopale, no, non è questo”, piuttosto è “camminare insieme dietro al Signore e verso la gente , sotto la guida dello Spirito Santo”.
È questo un chiaro invito che il Papa rivolge ai laici, perché prendano l’iniziativa coraggiosa di iniziare un cammino, e di adottare uno stile di dialogo e di comunione, un atteggiamento profetico che talvolta manca a una chiesa che a parole proclama la resurrezione, ma non è capace di mostrare il Risorto.
Il Papa chiede che i laici prendano consapevolezza del loro essere chiesa, del dono della profezia che hanno ricevuto con il battesimo, e il coraggio di mostrare il Signore, come quel discepolo, che in Giovanni 21,7 sulla sponda del lago di Tiberiade, ai suoi compagni incapaci di riconoscere Gesù grida “è il Signore”. E solo allora Pietro si getta in acqua, per raggiungere il Maestro.
Questo invito pressante a essere chiesa era già tutto nell’Evangeli Gaudium, che forse nelle nostre comunità non è stato abbastanza letto, meditato, e tanto meno messo in pratica. Probabilmente non abbiamo capito appieno che ci chiamava in causa, tutti.
Ora che le ultime encicliche, la Laudato si’ e la Fratelli tutti, ci hanno aperto gli occhi sulla nostra condizione di esseri umani interconnessi e legati da un rapporto di fratellanza, non possiamo continuare a chiamarci cristiani se non ne traiamo le conseguenze, con laicità e concretezza, nella società e nella chiesa.