San Giuseppe “col cuore di padre”

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Una festa particolare. nell’anno speciale voluto da Francesco che avrà inizio il 19 marzo, per il patrono della Chiesa universale

di Carlo Cani

Quest’anno la solennità di san Giuseppe acquista una tonalità particolare perché l’8 dicembre 2020, quasi a sorpresa, papa Francesco ha indetto, nella ricorrenza dei 150 anni della proclamazione di San Giuseppe come patrono della Chiesa universale, un anno speciale a Lui dedicato. Ha inoltre promulgato una nuova Lettera Apostolica “Patris Corde”, Con cuore di padre, che offre a tutti noi l’occasione di volgere lo sguardo su colui che i Vangeli ci presentano come il padre di Gesù, colui che lo ha custodito, amato, educato, protetto, avviandolo, insieme alla madre Maria, a compiere l’opera di misericordia di Dio Padre. La Lettera apostolica “Patris Corde” ci offre di San Giuseppe una lettura e una descrizione che lo rende attraente. San Giuseppe è uomo, sposo, padre, lavoratore, credente nella modalità più serena e più ricca ma anche più responsabile. È uomo che ama con fedeltà, sposo che accoglie un mistero che è la ricchezza di Maria sua sposa, padre che esercita la paternità ubbidendo alla voce immateriale dell’Angelo, lavoratore che ha il compito di far vivere la famiglia educando il figlio alla laboriosità, il credente che “fece come l’Angelo gli aveva ordinato” (Mt 1,24) diventando così collaboratore generoso e paziente dell’opera di salvezza. Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà”, assicura Francesco, secondo il quale “San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in ‘seconda linea’ hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza. Padre amato da tanti Santi, San Giuseppe ha da sempre trovato nei fedeli una forte devozione. Padre nella tenerezza e nell’obbedienza, San Giuseppe ci dimostra come la storia della salvezza si compie attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza. (…) dobbiamo imparare ad accogliere la nostra debolezza con profonda tenerezza. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande. Tante volte, nella nostra vita, accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità e si riconcilia con la propria storia. Se non ci riconciliamo con la nostra storia, non riusciremo nemmeno a fare un passo successivo, perché rimarremo sempre in ostaggio delle nostre aspettative e delle conseguenti delusioni. La prima tappa di ogni vera guarigione interiore è accogliere la propria storia, ossia fare spazio dentro noi stessi anche a ciò che non abbiamo scelto nella nostra vita.
Giuseppe non è un uomo rassegnato passivamente. Il suo è un coraggioso e forte protagonismo. Solo il Signore può darci la forza di accogliere la vita così com’è, di fare spazio anche a quella parte contradditoria, inaspettata, deludente dell’esistenza.
La vita di ciascuno di noi può ripartire miracolosamente, se troviamo il coraggio di viverla secondo ciò che ci indica il Vangelo. E non importa se ormai tutto sembra aver preso una piega sbagliata e se alcune cose ormai sono irreversibili. Dio può far germogliare fiori tra le rocce. Anche se il nostro cuore ci rimprovera qualcosa, Egli “è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa”.
Credere non significa trovare facili soluzioni consolatorie. In San Giuseppe noi vediamo la fede che ci ha insegnato Cristo, una fede che non cerca scorciatoie, ma affronta “ad occhi aperti” la realtà, assumendone in prima persona la responsabilità. Come san Giuseppe anche noi dobbiamo riscoprire il coraggio creativo. Esso emerge soprattutto quando si incontrano difficoltà. Infatti, davanti a una difficoltà ci si può fermare e abbandonare il campo, oppure ingegnarsi in qualche modo. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere. Come il carpentiere di Nazareth anche noi siamo chiamati a trasformare un problema in un’opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza. Non dobbiamo dimenticare che “Dio è sempre dalla nostra parte” come ricordava papa Benedetto il giorno della sua elezione al soglio pontificio. Alla fine di ogni vicenda che vede Giuseppe come protagonista, il Vangelo annota che egli si alza, prende con sé il Bambino e sua madre, e fa ciò che Dio gli ha ordinato. Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù. (…) Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione”.
Papa Francesco a Manila confidò: “Io amo molto san Giuseppe perché è un uomo forte e silenzioso. Sulla mia scrivania ho un’immagine di San Giuseppe mentre dorme e quando ho un problema o una difficoltà io scrivo un biglietto su un pezzo di carta e lo metto sotto la statua di San Giuseppe affinché lui possa sognarlo. (…) Ma come san Giuseppe, una volta ascoltata la voce di Dio, dobbiamo riscuoterci dal nostro sonno; dobbiamo alzarci e agire”.

 

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