L’unità del territorio per la difesa della salute

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Le manifestazioni a Iglesias per la riapertura del pronto soccorso del CTO, l’emergenza sanitaria colpisce ormai numerosi ospedali della regione

di Giampaolo Atzei
foto di Efisio Vacca

Parlare di sanità in Sardegna significa ormai fare la cronaca quotidiana dell’emergenza. Da un capo all’altro dell’Isola, non c’è ospedale o territorio che non viva nella difficoltà più grande il rispetto del diritto alla salute, alla dignità della cura e dell’assistenza. Addirittura il Brotzu – e stiamo parlando del più grande presidio ospedaliero sardo – ha annunciato di non poter più accettare ricoveri in ben cinque reparti, tra cui Medicina generale e Ortopedia, per mancanza di posti letto. Poche sere fa, mentre Iglesias protestava per il timore della chiusura del CTO, una fiaccolata di tremila persone attraversava il centro di Nuoro per richiamare l’attenzione sul dramma sanitario barbaricino. Ed è notizia recentissima che il pensionamento a Carbonia di alcuni medici di famiglia ha lasciato orfani migliaia di pazienti.
In queste condizioni è complesso pure fare una cronaca degli avvenimenti, rimane comunque un dato di fatto: dalla fine di giugno, all’inizio per l’indisponibilità di alcuni sanitari, il pronto soccorso del CTO di Iglesias è chiuso e tutte le urgenze del Sulcis Iglesiente sono scaricate sul Sirai di Carbonia, inadeguato a gestire una simile mole di lavoro, specialmente d’estate quando la popolazione cresce sensibilmente con l’arrivo dei turisti, andando a pesare su un sistema d’assistenza già precario e fragile.
Specialmente per iniziativa del sindaco di Iglesias, il centro più colpito dal taglio dei servizi, si sono tenute alcune manifestazioni popolari, agli inizi di luglio un sit-in davanti a Villa Devoto, dove si riunisce la presidenza della Regione, seguito da un presidio fuori dal pronto soccorso (chiuso) del CTO, senza dimenticare la fiaccolata alla vigilia dello scorso Natale, dopo che Usai aveva piazzato una tenda all’ingresso dell’ospedale iglesiente per protestare la chiusura del reparto di medicina. Si sono poi succeduti diversi incontri tra dirigenza ASL, sindaci, sindacati e assessore regionale, senza che però sia emersa una soluzione definitiva e condivisa ai problemi sul tavolo, a partire dalla riapertura del pronto soccorso iglesiente. E non sono mancate le osservazioni sulla freddezza di alcuni amministratori comunali del territorio nei confronti di Iglesias e delle proteste condotte dal suo sindaco, per il vero accompagnate da una partecipazione non sempre numerosa alle manifestazioni promosse. Per giovedì 4 agosto è prevista una nuova manifestazione, stavolta davanti agli uffici dell’assessorato regionale alla salute a Cagliari, a cui hanno dato sostegno i sindacati territoriali e numerose associazioni al grido di “sanità bene comune e prezioso”.
Sin qua i fatti, poi c’è la polemica politica e lo spazio per la riflessione. A Iglesias, il confronto è acceso tra il sindaco e l’opposizione, con reciproche accuse di sostenere o meno la protesta a seconda delle convenienze di parte, considerato che la giunta regionale è di centrodestra, argomento cui Usai replica ricordando le sue proteste – con l’occupazione degli uffici di viale Trento – già nel 2018, appena eletto, quando alla Regione c’era invece il centrosinistra. La minoranza replica a sua volta sottolineando l’impegno nel mantenere “un contatto diretto con le istituzioni e con il direttore sanitario della Asl Sulcis Giuseppe Pes che, oltre ad essere un nostro concittadino, si sta impegnando con tutto se stesso per risolvere le criticità dell’ultimo mese”, smentendo “che il Cto chiuderà, è dire il falso, perché nessun atto aziendale conferma un’ipotesi simile”.
La paura a Iglesias, condivisa da tanti e alimentata da un progressivo smantellamento della sanità cittadina negli ultimi vent’anni, è che il CTO possa essere davvero chiuso, seguendo il destino del Crobu, ridotto a una immensa scatola vuota, e del Santa Barbara, trasformato in un grande poliambulatorio. Sarebbe l’ultimo atto di una politica sanitaria che, pur nell’alternanza delle giunte regionali e delle riforme che ognuna di esse ha immancabilmente varato, ha perso il filo rosso delle necessità delle periferie. Il grido di dolore dell’Iglesiente non è diverso da quello che si leva da Bosa, Sorgono, Isili, Lanusei, Ghilarza, La Maddalena, Muravera o San Gavino Monreale (dove invano si attende da anni l’inizio dei lavori per il nuovo ospedale), ma anche a Nuoro e Oristano la precarietà è ormai un dato cronico. È evidente che, pur nella sensibilità che abbiamo nell’Iglesiente per il futuro del CTO, la situazione è in stallo in tutta la Sardegna e senza un intervento di sistema, con robuste iniezioni di personale e risorse finanziarie ma soprattutto di programma e visione nel lungo periodo, ogni soluzione transitoria non potrà che essere una pezza, precaria come lo stato di precarietà che si percepisce degnando di un solo sguardo una struttura come il CTO, un tempo fiore all’occhiello della sanità sarda, oggi un cantiere eterno senza nemmeno una camera mortuaria.
Mai guardarsi indietro, però. Ciò che un tempo eravamo, quattro ospedali per due città, pediatria e traumatologia d’eccellenza, sono una storia che non ritorna, consegnata al passato quando per numeri, economia (e anche forza politica nelle sedi che contano) il Sulcis Iglesiente era ben altra cosa rispetto ad oggi.
Fuori da questa emergenza si potrà arrivare solo grazie allo sforzo collettivo, comune e solidale, di un territorio e specialmente di una Regione, che possa guardare alla sanità sarda nella sua complessità, nel rispetto delle esigenze delle città come dei paesi e delle periferie. Sarà uno sforzo titanico, perché nel mare della sanità nuotano pescecani d’esperienza e questa non è una novità. Ma dovrà essere uno sforzo di tutti e questo sicuramente sarà responsabilità comune, nella consapevolezza che nessuno potrà pretendere di avere un pronto soccorso sotto casa ma tutti dovranno avere la garanzia di un servizio efficiente e operativo.
Questo non è più il tempo dei campanili, degli egoismi: la disunità non aiuta e tra i tanti problemi che questo territorio denuncia, sottotraccia riemerge – e su queste pagine lo abbiamo già segnalato in tempi non sospetti – la corsa solitaria. È il malessere che striscia e che si raccoglie a taccuino chiuso, parlando con chi frequenta le sedi istituzionali: queste sono battaglie che si combattono tutti insieme, il pronto soccorso di Iglesias non è solo una questione che tocca l’orgoglio ferito di una città, è una ferita per tutto il territorio e la sua riapertura è bene comune, per tutti. Poi, quando si voterà, ognuno raccoglierà meriti e demeriti della propria azione politica e amministrativa, ora però, le bandierine rimangano nel cassetto.

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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 29 del 7 agosto 2022