Una luce sulla leggenda nera del “Papa del silenzio”

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Un libro dell’archivista vaticano Johan Ickx indaga con chiarezza sul rapporto tra Pio XII e gli ebrei al tempo dell’Olocausto

di Tonino Cabizzosu

Il volume Pio XII e gli Ebrei di Johan Ickx, responsabile dell’Archivio Storico della Segreteria di Stato, Sezione Rapporti con gli Stati, è la risposta più eloquente alla leggenda nera sul “Papa del silenzio” attribuita a quel pontefice dopo la pubblicazione nel 1963 di Il Vicario di Rolf Hochhuth. Quest’opera è una piéce teatrale, scritta a tavolino per conto dei servizi segreti russi; riscosse successo mondiale dopo che fu adattata per il cinema dal regista Costa-Gravas con il film Amen. La rappresentazione teatrale costituisce una mistificazione storica con scopo di calunniare la figura di Pio XII accusandola di aver fatto “silenzio” di fronte al dramma dell’olocausto ebreo per mano dei nazisti. Il volume di Ickx, attingendo a piene mani da fonti archivistiche finora inedite, ribalta i termini della questione e mostra l’attività messa in campo dal pontefice per venire incontro ad alleviare la sorte degli Ebrei in Europa, vessati dalle leggi antisemite di Hitler. Pio XII fu coadiuvato negli anni 1939-1945, da una piccola equipe di collaboratori, che l’autore chiama Bureau, la prima Sezione della Segreteria di Stato, di cui facevano parte appena undici persone, coordinate dal cardinal Maglione, lavoravano in sintonia con il pontefice e i nunzi delle diverse nazioni. La serie dei documenti raccolti in 170 posizioni archivistiche, ordinate alfabeticamente, ha per titolo “Ebrei” e raccoglie circa 2.800 casi di persone in fuga per salvare la propria vita e altrettanti tentativi posti in atto dalla Santa Sede per aiutarle. Tale serie viene definita “la lista di Pio XII”: essa è la “prova tangibile dell’interesse mostrato nei confronti di persone che, a causa delle leggi razziali, non erano considerate comuni cittadini, sia che fossero ebrei o ebrei battezzati”. Ickx offre un affresco suddiviso in diciotto capitoli, narrati in maniera letterariamente coinvolgente, che fanno rivivere il dramma di quelle persone ebree, indifese a combattere un’ideologia disumana e la follia hitleriana. L’agile penna dell’autore getta luce, in pari tempo, su drammi singoli e su scenari più ampi, drammatici (si veda ad esempio la violazione del monastero extraterritoriale di San Paolo fuori le Mura, nel 1944 (pp. 306-318). Il volume, avendo come sfondo il dramma della seconda guerra mondiale e la progressiva diffusione dell’ideologia nazista, presenta un’infinità di casi personali e familiari che chiedono aiuto al pontefice per evitare i campi di concentramento o raggiungere nazioni in cui poter vivere in libertà. Il lavoro svolto dal Bureau fu costante per cercare, attraverso i canali di una “diplomazia morbida”, tutte le soluzioni possibili.  Al riguardo si veda il caso dei coniugi Oskar e Maria Gerda Ferenczy, austriaci d’origini ebraica, descritto nel capitolo Breve storia di un caso pietosissimo (pp. 134-146). Trasferitisi a Zagabria furono assistiti dall’arcivescovo Stepinac. Costretti a rifugiarsi vicino a Fiume, in povertà assoluta, dovettero vendere la Bibbia per un pezzo di pane. Avendo Maria scritto due lettere a Pio XII, dopo diverse peripezie, il Bureau riuscì a trovare un visto per il Brasile: anche qui nuove difficoltà con ulteriore, definitivo intervento della Santa Sede. Un altro toccante episodio si trova nel capitolo Breve storia di un uomo comune e di una bambina di otto anni (pp. 342-346). L’ebreo Mario Finzi chiese più volte l’interessamento del pontefice per salvare una bambina jugoslava, Maja Lang, “minacciata dal’odio e dalla ferocia degli uomini”, per farla giungere presso il fratello a Sasso Marconi. Grazie alla mediazione del gesuita Tacchi Venturi, confessore di Mussolini, la famiglia venne aiutata, ma della piccola Maria si persero le tracce. Significativo il fatto che l’ebreo Mario Finzi, un “uomo comune”, considerasse Pio XII come l’unica autorità morale capace di intervenire in frangenti così drammatici. Il volume è talmente ricco di episodi concreti che aprirà, senza dubbio, una nuova stagione di studi sull’argomento. Papa Pacelli, che fu salutato “come il salvatore di Roma dallo scempio dell’occupazione nazista”, è stato fatto oggetto di una mistificazione ideologica noncurante della verità storica. In occasione della sua morte, nell’ottobre 1958, gli stessi leaders israeliani riconobbero quanto il pontefice aveva fatto per salvare la vita di migliaia di ebrei; cinque anni dopo una violenta campagna denigratoria si fece paladina di calunnie con accuse di omertà e di “silenzio” di fronte al dramma in atto. Poiché il 2 marzo 2020, furono aperti e resi disponibili agli studiosi gli archivi relativi a Pio XII dal 1939 al 1958, il volume di Ickx è la prima risposta, che, come si legge nel sottotitolo, “rivela finalmente il ruolo di Papa Pacelli durante la seconda guerra mondiale” e presenta il pontefice e i suoi collaboratori del Burrau “non testimoni impassibili dell’olocausto, ma difensori silenziosi di tante vite innocenti”. Le Figaro, nel recensire l’opera, l’ha definita “un libro-evento”, in quanto, facendo parlare i documenti, fa piazza pulita di un progetto ideologico volto a combattere la Chiesa e calunniare il papato. Tra i tanti spunti di riflessione che il denso volume propone uno è dato dal fatto che per i nazisti la conversione degli ebrei alla fede cattolica non mutava il loro sangue giudaico, non era una garanzia. Gli orrori commessi in Germania venivano ripetuti nelle nazioni-satellite: in Slovacchia, avente come Presidente un sacerdote cattolico, Josef Tiso; in Ungheria dove i soldati respingevano brutalmente gli ebrei che tentavano di varcare il confine; a Bratislava ove spadroneggiava, secondo l’espressione di mons. Burzio, una persona “demente”. Il volume di Ickx costituisce un atto di giustizia verso un pontefice che, cosciente del dramma in atto, “organizzò una rete di vie di fuga per le persone in pericolo e sovraintendeva a una rete di sacerdoti che operavano in tutta Europa con un unico obiettivo: salvare vite ovunque possibile”.