Nuovo record negativo di nascite. La cicogna non vola più sull’Italia

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Fonte: pxhere.com

Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 7 del 25 febbraio 2018


di Annalisa Atzei

Se credessimo alle favole potremmo sospettare che le cicogne da un po’ di tempo a questa parte hanno deciso di evitare il nostro Paese nelle proprie rotte. Ma purtroppo la condizione demografica in Italia è raccontata da dati reali, precisamente quelli rilevati dall’Istat nel Report sugli indicatori demografici per il 2017 presentati due settimane fa.
Per il nono anno di seguito, l’Italia conferma il trend negativo delle nascite, registrando, ormai dal 2008, una costante diminuzione delle nascite. Nel 2017 sono nati 464 mila bambini, il 2% in meno rispetto al 2016, quando se ne ebbero 473 mila, record di minimo storico dall’Unità d’Italia battuto da un’annata ancora peggiore. I decessi sono stati 647 mila, più del 5% rispetto al 2016: tradotto in cifre equivale a 31 mila decessi, che, in rapporto al numero di residenti, significa che nel 2017 sono deceduti 10,7 individui ogni mille abitanti, contro i 10,1 del 2016. Confrontando quindi nascite e morti, il saldo naturale nel 2017 è negativo (-183 mila) e registra un altro minimo storico. Delle nascite stimate per il 2017, inoltre, è confermata un’alta percentuale, il 19,4%, da madre straniera, anche se in lieve flessione rispetto al 2016, mentre il restante 80,6% è da madre italiana. Il report rileva che al primo gennaio 2018 la popolazione stimata ammonti a 60 milioni e 494 mila residenti, ancora un numero negativo se confrontato all’anno precedente che registrava 100 mila abitanti in più. Nonostante un livello inferiore di nascite, rimane invariato il numero medio di figli per donna (1,34) mentre sale a 31,8 anni l’età media del primo parto. Nessuna variazione significativa invece sulla speranza di vita alla nascita che resta a 80,6 anni per gli uomini e 84,9 anni per le donne. Alla diminuzione delle nascite e ad un’aspettativa di vita media alta, ne consegue per naturale conseguenza una forte presenza di adulti rispetto ai giovani, prospettiva confermata anche in questo caso dai dati che rilevano come, al 1° gennaio 2018, il 22,6% della popolazione ha un’età superiore o uguale ai 65 anni, il 64,1% ha età compresa tra 15 e 64 anni e solo il 13,4% ha meno di 15 anni. L’età media della popolazione italiana ha oggi oltrepassato i 45 anni. Gli stranieri sono la variabile che fa registrare i pochi segni positivi del Report: i residenti in Italia al 1° gennaio 2018 sono 5 milioni e 65 mila e rappresentano l’8,4% della popolazione residente totale; per loro risultano positivi sia il saldo naturale (+58 mila) sia il saldo migratorio estero (+256 mila).

La situazione nell’Isola. In Sardegna i dati seguono il trend nazionale: se a inizio 2017 l’Isola contava 1 milione e 653 mila abitanti, dopo dodici mesi la popolazione è scesa a 1 milione e 648 mila, perdendo quasi 5 mila abitanti in un anno (4.835 unità per l’esattezza). Numeri confermati da un altro report presentato pochi giorni fa, a cura del Centro Studi Cna Sardegna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa), che racconta di un lento e costante spopolamento accompagnato dal progressivo invecchiamento del popolo sardo. Se dunque, da una parte si sventola orgogliosi la bandiera della longevità, dall’altra non si può non essere allarmati per il futuro dei sardi. Come spiega la ricerca della Cna Sardegna, tra le cause del calo demografico regionale rientra sicuramente il forte deterioramento del bilancio naturale, caratterizzato da una sensibile riduzione delle nascite (in Sardegna l’età media delle donne al momento del parto è pari a 32,4 anni e anche il numero medio di figli (1,09) è inferiore al dato nazionale). L’età media è di 46,4 anni, la più alta in Italia, e a questa si aggiunge un altro dato preoccupante per l’evolversi della popolazione in Sardegna, costituita per il 23,2% da anziani con più di 64 anni: ogni anno 1.700 giovani lasciano l’isola per studiare o cercare lavoro altrove, una scelta che è causa e conseguenza dell’altissima disoccupazione giovanile che arriva al 56,3%, assai maggiore del dato nazionale, 37,8%, e del Mezzogiorno 51,7%. A invertire i trend non basta neanche la presenza straniera, ancora molto esigua, con poco più di 50 mila residenti, pari al 3% della popolazione regionale, contro il 4% del Mezzogiorno e l’8% medio italiano.