Celebrazioni in diretta facebook per una Pasqua formato Covid-19

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La Pasqua e le dirette facebook: in piena emergenza coronavirus le parrocchie condividono le celebrazioni liturgiche attraverso i social media

di Valeria Carta

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La Pasqua 2020 sarà ricordata come “Pasqua formato Covid 19”. Celebrazioni rimodulate, dirette facebook ma soprattutto eucarestie senza popolo di Dio. Eppure, lo Spirito Santo, che “soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va”, ha ispirato nel cuore dei sacerdoti il desiderio di condividere, non più solo spiritualmente ma anche nella concretezza, fatta oggi di schermo e videocamera, le celebrazioni eucaristiche del tempo pasquale.
Tutte le parrocchie, anche le “irriducibili”, si sono dovute arrendere alle necessità di un popolo desideroso di partecipare quanto più possibile al culmine dell’anno liturgico di ogni Cristiano, la Santa Pasqua. Grandi alleati per trasmettere la gioia di Cristo Risorto i social media che riescono a raggiungere tante persone che, anche nella diocesi di Iglesias, hanno potuto assistere alle celebrazioni dalle proprie case.
Attenendosi ai nuovi cerimoniali diffusi dalla Cei, le parrocchie si sono adeguate alle norme anti contagio ma senza rinunciare ad annunciare che “il Signore è veramente risorto”.
Durante tutta la Settimana Santa, orfana a Iglesias delle grandi processioni, ciò che non è venuto a mancare è il desiderio di celebrare e di riunirsi attorno alla mensa del Signore. Ad iniziare dalla solenne veglia di Pasqua, celebrata in primis nella chiesa madre iglesiente, la cattedrale di Santa Chiara, con il vescovo, Mons. Giovanni Paolo Zedda, che ha presieduto anche la messa nella domenica di Pasqua. Il vescovo ha sottolineato quanto “la notte di attesa” si svolge alla presenza di Cristo, si cammina illuminati dalla sua luce. L’invito alla gioia, rivolto a tutto il mondo, è stato scandito dal “ritmo della Parola di Dio”, che attraversando la storia della salvezza conduce l’uomo fino a Cristo. “Quanto proclamato nell’Antico Testamento per noi si è realizzato nel nostro battesimo” ha ricordato il vescovo, evidenziando quanto questo continua a realizzarsi anche nel presente, “perché ciò che stiamo vivendo non è una storia del passato, ma la Risurrezione di Cristo è presente nella vita di ognuno di noi, di tutta l’umanità”.
Efisio 001Contemporaneamente alla cattedrale anche tante altre parrocchie nelle varie parti della diocesi hanno condiviso con i propri fedeli la celebrazione notturna che segna il passaggio dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce. Particolarmente suggestiva anche la diretta dal Santuario della Vergine del Buon Cammino sul colle che osserva la città di Iglesias. Dalle mura clariane ha risuonato l’exultet che ha aperto la liturgia presieduta dal rettore Mons. Carlo Cani. In questa “Veglia di luce” davvero “lo splendore del re ha vinto le tenebre”. Forse nessuno avrebbe mai pensato di gioire in una situazione surreale come quella a cui il Covid 19 ci ha costretto, eppure certi che “il Signore desidera il bene per tutti i suoi figli” nel cuore del cristiano non poteva non regnare la pace e la sicurezza che la morte non ha più l’ultima parola. Se pur la tentazione è forte, “questo non è solo tempo di corona virus” è soprattutto il tempo di un Dio che vuole passare tra il suo popolo e liberarlo dalla mano del faraone, e ancora portarlo fuori da quel sepolcro vuoto dove troppo spesso crediamo di trovare Gesù. Mentre Lui ci precede in Galilea, nella nostra vita più profonda, perché “Cristo si manifesta come colui che dischiude il cuore e ci introduce nel suo Amore”.
Le celebrazioni in diretta social sono state particolarmente seguite dai fedeli, segno questo di un desiderio vero di comunione spirituale nella Chiesa che però, come ha ricordato il Pontefice non può bastare. “La familiarità con il Signore dei cristiani è sempre comunitaria” ha sottolineato, ribadendo con forza che “la Chiesa senza il popolo, senza i sacramenti, è pericolosa”. Seguendo il monito di Papa Francesco che avverte “questa non è la Chiesa”, senza il popolo e senza i sacramenti, ringraziamo per ciò che abbiamo ricevuto ma senza accontentarci perché questa familiarità con il Signore a cui siamo costretti ora serva solo “per uscirne dal tunnel, non per rimanerci”.