A Oristano per il Convegno regionale dei catechisti. Il coraggio del primo annuncio

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Pubblicato su “Sulcis Iglesiente Oggi”, numero 8 del 4 marzo 2018


a cura dell’Equipe UCD

Domenica 25 febbraio, 2a domenica di Quaresima, i catechisti della Sardegna si sono incontrati ad Oristano per il Convegno Regionale per catechisti promosso dalla Conferenza Episcopale Sarda e dall’Ufficio Catechistico Regionale. Sfidando pioggia, malanni vari e soprattutto il freddo, ci siamo ritrovati nella piazza della Cattedrale in più di 700, provenienti dalle diocesi di Lanusei, Nuoro, Tempio-Ampurias, Alghero-Bosa, Ozieri, Cagliari, Ales-Terralba, Sassari e ovviamente da Oristano e dalla nostra diocesi di Iglesias, accompagnati dal responsabile dell’ufficio catechistico Don Maurizio Mirai. L’accoglienza e l’organizzazione dell’equipe di Oristano ha permesso che questa giornata divenisse intensa e ricca di tematiche che coinvolgono e interrogano il catechista di oggi su “Il coraggio del primo annuncio”, titolo specifico del convegno. Diverse le persone intervenute all’evento come il professore Luca Diotallevi, sociologo, insegnante universitario e presidente diocesano dell’azione cattolica di Terni, che ha presentato il risultato di una ricerca svolta all’interno delle varie diocesi sarde, attraverso dei questionari somministrati ai catechisti. Dalla ricerca sono emersi alcuni dati significativi che hanno portato a delle conclusioni: la femminilizzazione (il 92 % è rappresentato da catechisti donne); la marginalità del ruolo del catechista; la formazione dei catechisti come emergenza riconosciuta.
Il relatore ha messo in evidenza che “la catechesi non è una semplice trasmissione di saperi, ma è vita; è importante imparare ad ascoltare il Vangelo con le domande fatte dagli uomini di oggi, per vivere la Parola di Dio nel contesto attuale. Noi stessi catechisti, non dobbiamo rimuovere le domande che ci poniamo dentro ma cercare di rispondervi alla luce del Vangelo”. Monsignor Sanna, in conclusione a quanto detto dal professor Diotallevi ha utilizzato una frase incisiva: “Noi catechisti dobbiamo saper declinare l’alfabeto del Vangelo con la grammatica della vita”.
I vari laboratori svolti nel pomeriggio hanno fatto emergere le solite problematiche che si riscontrano in tante parrocchie: la scarsa partecipazione delle famiglie nella formazione di fede cristiana dei loro figli, la frequente disunità fra i vari gruppi parrocchiali, la necessità di un maggior coinvolgimento del gruppo catechesi nella liturgia con canti, segni, interventi che permettano ai bambini e ai ragazzi di vivere attivamente la celebrazione eucaristica.
Particolarmente interessante per molti la lectio divina guidata da mons. Gianfranco Saba, sul Vangelo di Marco narrante il miracolo della tempesta sedata. Un episodio che fa rispecchiare noi cristiani negli apostoli: “Maestro non t’importa che siamo perduti?”. Anche noi ci poniamo questa domanda quando ci sentiamo sommersi dalle difficoltà, dalle tempeste della vita e dubitiamo della presenza di Dio. Chiedendoci il motivo per cui “ci ha fatto salire in questa barca”. Allora lo invochiamo, chiediamo il suo aiuto (come gli apostoli che svegliano Gesù), chiediamo il miracolo. Ma il vero miracolo si compie non quando eliminiamo la tempesta, bensì quando riusciamo a starci dentro, a muoverci in essa, superandone i tormenti. E perché questo miracolo si realizzi, occorre avere un orecchio attento alla Parola, con tanto di condivisione, riflessione, messa in discussione della nostra fede. “Se il tuo cuore è agitato, è in preda alla tristezza… calmati. Dio ci ascolta quando nulla ci risponde. È il nostro compagno di viaggio anche quando sembra che Lui ci abbandoni”.
Rientrando nelle nostre parrocchie, portiamo quello che ci ha arricchito durante tutto il convegno: la bellezza della condivisione, la conoscenza di altre realtà, la nascita di nuove amicizie, ma soprattutto portiamo l’invito “a scendere dal monte Tabor e vincere la tentazione di rimanerci per evitare l’oscurità della terra e della vita. Scendiamo dal monte per arrivare nei contesti dove vivono i fratelli e le sorelle, per accompagnarli nel loro cammino di vita e di fede, con dedizione, con gioia e con impegno rinnovato. Scendiamo dal Monte Tabor per dare testimonianza del volto bello e luminoso di Gesù”.
In fondo, come disse Benedetto XVI ai catechisti di Roma: “Non c’è bene più grande in questa vita terrena che condurre gli uomini a Dio, dare la speranza che Dio è vicino e che guida la storia personale e del mondo intero”.

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